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Ma sull’immigrazione ormai l’Europa è compatta

Berlusconi minimizza, Frattini esclude una emergenza e cerca di rassicurare la Libia sul mantenimento degli impegni europei e perfino Calderoli getta acqua sul fuoco, esprimendo pentimento per la famosa esibizione della maglia con la vignetta su Maometto, che nel 2006 scatenò una furiosa reazione antitaliana a Bengasi. In serata Tripoli ha accettato queste scuse, ma la nuova offensiva della Libia, lanciata con l’intimazione del figlio di Gheddafi a escludere Calderoli dal governo - pena «conseguenze catastrofiche per i rapporti bilaterali» - e proseguita giovedì con la notifica della sospensione della collaborazione nella lotta contro l’immigrazione clandestina, non sembra destinata a fermarsi tanto presto. Notizie per ora non confermate parlano di una minaccia di cancellazione degli ultimi accordi con l’Eni e di nuove restrizioni sui visti. Si direbbe che Tripoli, grande maestra della tattica ricattatoria, cerchi di prendere il nuovo governo in contropiede per strappare nuove concessioni, sia per quanto concerne i risarcimenti per la dominazione coloniale, sia riguardo alla consegna dei mezzi di cui dice di aver bisogno per il pattugliamento delle sue frontiere meridionali e delle sue acque territoriali. Ancora un anno fa, D’Alema aveva ribadito - a nostro avviso imprudentemente - l’impegno italiano a costruire, al prezzo di circa tre miliardi, una autostrada dal confine tunisino a quello egiziano e Gheddafi vuole assicurarsi che Berlusconi non cambi idea.
La partita è delicata, perché la Libia ha diverse frecce al suo arco. Con circa un milione di disperati provenienti dall’Africa nera parcheggiati sul suo territorio e pronti a salpare, Tripoli può - complice la buona stagione - crearci serissimi problemi. Che cosa farebbe Maroni di fronte all’arrivo di un migliaio di persone al giorno, ora che la Libia non è più disposta a riprenderseli e una parte dei Cpt è stata smantellata da Prodi? E come giustificare questa invasione sia all’elettorato cui ha promesso maggior rigore, sia all’Europa che si appresta a varare in materia norme più severe?
C’è poi il capitolo energia: l’Eni è impegnata a fondo nell’ex Quarta sponda, la Libia ci fornisce oltre un quarto del nostro fabbisogno di petrolio e sarà presto anche una fonte più importante di metano. Fino a quando non ridurremo la nostra dipendenza dagli idrocarburi (e ci vorranno anni), sono rapporti di cui difficilmente potremmo fare a meno.
Siamo anche i primi partner commerciali di Tripoli, e molte nostre aziende hanno interessi laggiù, nonostante la perenne incertezza del diritto, i ritardi nei pagamenti e mille altre difficoltà. Ora che, grazie alla rinuncia alle armi di distruzione di massa, Gheddafi è stato «sdoganato» dall’Occidente, non avrebbe molte difficoltà a rivolgersi altrove. Tutto questo, tuttavia, non significa che dobbiamo dargliela vinta. Su Calderoli, maggioranza e opposizione sono state concordi nel rinviare le minacce al mittente.

Adesso si tratta di far capire alla Libia che non siamo più disposti a subire angherie e che, sul problema immigrazione, l’intera Europa è con noi: perciò, se non vuole tornare nel ghetto da cui è appena uscita, le conviene abbandonare certi metodi.

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