La classe non è acqua, potrebbe essere il loro «marchio di fabbrica». I due balordi infatti andavano all’assalto delle banche ben sbarbati, in giacca e cravatta e portavano rose alle cassiere. E se capitava di dover chiudere a chiave i dipendenti, si affrettavano a chiamare il 113 per farli liberare. Quasi un peccato arrestarli. Ma oltre che «gentiluomini» erano anche stakanovisti: sono stati infatti beccati mentre preparavano il nuovo colpo.
Francesco Paglionico e Davide Pezzolla, 24 e 26 anni, sono due vecchi amici cresciuti in via Fleming, traversa all’inizio di via Novara. Pur provenendo da famiglie irreprensibili decidono molto giovani di dedicarsi a quello che ai loro occhi si presenta come l’affascinante e romantico mondo del crimine. Rimangono a vivere nella strada dove sono vissuti, dove affittano anche un appartamento, il «covo», dove verranno poi trovati una pistola, un coltello a scatto, un giubbotto antiproiettile e uno scanner per intercettare le frequenze delle forze dell’ordine. La loro carriera criminale inizia nel 2003 e in un anno, insieme ad altri tre complici, mettono a segno una ventina di colpi in banca. Poi l’arresto anche se non rimangono a lungo in carcere, complice l’indulto.
Paglionico, che accumulerà anche denunce e condanne per ricettazione e resistenza, esce nell’agosto del 2006 dopo due anni e sette mesi. È un sorvegliato speciale con obbligo di permanenza a Canosa di Puglia, dove però si guarda bene dal fermarsi. Pezzolla si fa invece quattro anni e deve aspettare fino a dicembre 2007 per ottenere la libertà per poi darsi uccel di bosco. E insieme all’amico tornare a rapinare banche. Almeno due secondo l’accusa: il 17 novembre e il 22 dicembre 2008, le agenzie della Banca popolare di Sondrio di viale Corsica e via Emiliani. Nel primo caso lasciano una rosa a un avvenente cassiera, notata durante i sopralluoghi, nel secondo, dopo aver chiuso gli impiegati nel caveau, per evitare danni chiamano il 113, chiedendo di andare prontamente a liberarli.
Ma sulle loro tracce da qualche tempo ci sono gli investigatori del commissariato Mecenate diretti da Francesca Fusto che li riconoscono nelle immagine riprese dalle telecamere all’uscita delle banche rapinate l’anno scorso: eleganti, giacca a cravatta, faccia un po’ da schiaffi.
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