Svezia, l’estrema destra entra in Parlamento

Dopo Gran Bretagna, Ungheria e Cechia, il 2010 ha portato alle destre europee un’altra vittoria: questa però porta con sé conseguenze meno nette perché la coalizione dei quattro partiti «borghesi» guidata dal giovane Fredrik Reinfeldt ha sì ripetuto il successo del 2006 battendo le sinistre, ma mancando di un soffio la maggioranza assoluta nel Parlamento svedese. Il centrodestra si è fermato a 173 seggi su 349, mentre i socialdemocratici e i loro alleati hanno raggiunto quota 156. Per Reinfeldt, quindi, non saranno solo rose e fiori, perché dovrà fare i conti con l’ingresso nel Riksdag, con 20 seggi che sono aritmeticamente decisivi, del nuovo partito della Democrazia svedese guidato dal trentunenne Jimmie Akesson, il cui slogan è «basta immigrati».
Dopo essere stata, per anni, il Paese più accogliente d’Europa, al punto di avere ormai quasi il 20 per cento di abitanti di origine straniera (con una netta prevalenza di musulmani), anche la Svezia ha cioè cominciato a reagire a una invasione che ne minaccia la stabilità: le periferie delle città industriali di Malmoe e Goeteborg si sono trasformate, nel corso degli anni, in veri e propri ghetti dove legge e ordine sono diventate una chimera. Per adesso, sia Reinfeldt, sia la sconfitta leader socialdemocratica Mona Sahlin si sono rifiutati di fare qualsiasi accordo con Akesson, ma il premier non potrà non tenere conto degli umori che ne hanno alimentato l’affermazione, specie se dovesse costituire un governo di minoranza.
Sebbene il partito abbia evitato la disfatta che i sondaggi avevano pronosticato, il risultato rappresenta - secondo lo Svenska Dagbladet - «un chiodo nella bara della socialdemocrazia svedese». Prima di essere estromessa dal potere quattro anni fa, essa aveva governato per 65 degli ultimi 78 anni, creando quella che a suo tempo era stata definita dai suoi ammiratori «la società più armoniosa d’Europa»; una società che, in cambio di una tassazione molto elevata, fornisce servizi sociali dalla culla alla tomba. Per quanto il sistema fosse penalizzante per i cittadini più benestanti, i socialdemocratici erano riusciti a lungo a farlo accettare dal Paese grazie a una politica economica che rifuggiva dalle nazionalizzazioni e lasciava - tutto sommato - ampio spazio al mercato. Solo tre volte in tre quarti di secolo l’opposizione era riuscita a spezzare il loro monopolio del potere, ma nessun governo di centro-destra era durato più di una legislatura.
Il vento è cambiato nel 2006, con la prima vittoria della coalizione guidata da Reinfeldt, che si è messo subito all’opera per adattare il welfare state alle nuove esigenze dell’economia, ridurne gli sprechi e dare più fiato all’iniziativa privata. Una delle sue riforme più importanti è stata la riduzione di un sussidio di disoccupazione troppo elevato per incentivare la ricerca di un nuovo impiego, accompagnata da un taglio delle tasse sui redditi da lavoro dipendente. La crisi globale del 2008 ha interrotto brevemente la sua opera riformatrice, ma il governo è stato abilissimo nel pilotare la ripresa: nell’ultimo anno, la crescita è stata la più forte di tutti i Paesi dell’OCSE, il bilancio sta per tornare in attivo, la disoccupazione è scesa all’8% e la Svezia è salita al secondo posto nella classifica mondiale della competitività. Una moderata svalutazione della corona ha permesso di rilanciare alla grande le esportazioni. Nello stesso tempo, la Svezia ha portato a termine un brillante semestre di presidenza dell’Ue e aumentato il suo peso sulla scena internazionale.


L’ulteriore spostamento a destra dell’elettorato svedese è dovuto anche a un graduale cambio di mentalità, che ricalca quello già avvenuto nelle vicine Danimarca e Finlandia: ormai soddisfatti dal livello di welfare raggiunto, gli scandinavi stanno chiedendo sempre più ai loro governanti competenza, rigore e capacità di gestire la globalizzazione, e le hanno trovate più nei duttili politici moderati che nei dogmatici socialisti. Ma tutto questo non è bastato a Reinfeldt per trionfare come sperava. E ora dovrà fare i conti con Akesson.

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