Meno spesa pubblica, meno tasse, più lavoro, più ripresa economica. La ricetta non è né di Silvio Berlusconi, né di Giulio Tremonti. È dellIngegner Carlo De Benedetti. Lha lanciata ieri dalla prima pagina del Foglio. Né sul «suo» Sole-24 ore, né su Repubblica o lEspresso. Con il cambio di linea, cambio di giornale.
Labbiamo letto almeno due volte per essere sicuri di non sbagliarci. Ma è proprio così, potremmo dire: «Benvenuto Ingegnere tra le file di pochi e ormai sparuti liberisti». Altro che Antonio Martino, De Benedetti supera ormai anche lallievo di Milton Friedman.
Anzitutto lIngegnere non ha perso la vecchia abitudine. LItalia va male. Non malino o benino, male. Lo disse già anni fa. Fu il primo a evocare il fantasma del 29. Disse che eravamo vicini a Wall Street ma per fortuna non fu così. Recentemente non lha detto, forse ha temuto di essere ripetitivo. In questo lIngegnere non ha fatto un millimetro di marcia in avanti. Ritiene che bisogna dire a voce alta che lItalia è sulla cattiva strada. Per lui non contano le questioni psicologiche che, ad esempio, ritenne centrali tale Franklin Delano Roosevelt quando si inventò il New Deal. Certo Roosevelt mise sul tavolo molti quattrini pubblici ma ritenne che, contemporaneamente, i responsabili politici di quel tempo dovessero svolgere una campagna informativa tendente a motivare gli investimenti e i consumi degli americani. Anche allora andava male ma Roosevelt pensò che fosse meglio non dire che andava male e fare cose perché andasse bene. Laspetto psicologico in economia conta molto. Su questo lIngegnere non intende invertire la sua marcia.
Detto questo, sul resto, questo articolo ci ha lasciati di sasso. Per inciso sembrerebbe anche che lIngegnere abbia cambiato ghost writer, e intendiamo questo termine nel senso più vasto fino a quello di suggeritore. De Benedetti cita addirittura Luigi Einaudi ed Ezio Vanoni, due cattolici liberali. Negli altri articoli lIngegnere ci aveva abituati a un linguaggio più tecnocratico, zeppo di numeri e di teorie à la page. Un po alla Rampini o alla Boeri per intenderci. In questo caso lIngegnere opta per un genere letterario diverso, più discorsivo, in alcuni tratti, ohibò, anche popolare. Ma lasciamo perdere le questioni di stile, in sostanza lIngegnere richiama il programma di Forza Italia del 94: meno spesa improduttiva e meno tasse. E sostiene una tesi ardita: il rigore non può essere una scusa per non fare. Stessa tesi di Antonio Martino. Peccato che la sua stampa per anni ci abbia tormentato con la tesi contraria. Prima il rigore e poi si vedrà. Ma non cè niente da fare, dobbiamo arrenderci allevidenza, lIngegnere è più avanti. Almunia penserebbe che lIngegnere sia troppo avanti perché in Europa di riforme senza rigore non vogliono neanche sentirne parlare. LIngegnere pensa che il Cavaliere se minimamente avesse intravisto la possibilità di calare di un centesimo le tasse non lo avrebbe fatto? LIngegnere dice che il rigore può essere mantenuto, basta calare la spesa pubblica. Egli ha frequentazione maggiori delle nostre a sinistra e dovrebbe andarlo a raccontare lì, sindacato compreso, che in questo Paese bisogna tagliare la spesa. Anche noi abbiamo pensato spesso che il centrodestra avrebbe potuto essere più coraggioso. Spesso ci siamo sentiti vicini a Martino più che a Tremonti.
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