LA TANGENTOPOLI DEMOCRATICA

Erano partiti per espugnare il governo vero, durerà poco, promisero. Per il momento, ci mancava la crisi lampo del governo ombra, con uno dei ministri di punta che prima abdica e poi ci ripensa ma solo per non dare il colpo di grazia al partito.
Direzione del Pd, tutto in una manciata di ore. Prende la parola Sergio Chiamparino, delega alle Riforme, e va giù duro. Rimetto l’incarico, dice con pragmatismo tutto piemontese, perché «serve una svolta forte» e invece «il governo ombra è un altro degli organismi che deve essere rivisto e ridefinito», là dove dietro a «un altro» ci stanno tutti quegli organismi che non si capisce a che servano, se poi il partito resta impelagato nelle sabbie mobili: Direzione, Coordinamento, «c’è persino il Caminetto dei capicorrente, ma ci rendiamo conto?» lamenta il sindaco di Torino, che feroce propone, se mai, un’unità di crisi. Sono le 16. Alle 19 Chiamparino ci ha ripensato. Resta convinto dell’inutilità di quello Shadow cabinet di Uòlter che somiglia più alla casa degli spiriti. Epperò gli hanno fatto notare che oggi ci mancava solo lui, «adesso l’urgenza sono i contenuti, non l’assetto dei gruppi dirigenti» sibila Anna Finocchiaro, la capogruppo al Senato. Fuori poi, già imperversa l’ironia degli avversari: «Finalmente Chiamparino ha preso una decisione coerente con le critiche che ha più volte espresso al Pd, anche se con le dimissioni assomiglia un po’ a chi abbandona la nave che affonda», annota il senatore Enzo Ghigo, coordinatore piemontese del Pdl. Rincara il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri: mentre il governo vero lavora quello ombra va in crisi, si accanisce: «Oramai il Pd è degno di andare sul Pincio per sostituire i burattini di Pulcinella». Troppo, dai, e allora Chiamparino torna sui suoi passi. Così, a fine tafferuglio in Direzione Veltroni può dire grazie, «sono contento che Sergio abbia accettato di soprassedere dal suo intento». Ma è polvere sotto il tappeto.
Gliel’aveva gufata subito Oliviero Diliberto: «Il governo ombra? È l’ennesima dimostrazione di come si appresta a essere inefficace l’opposizione del Pd a Berlusconi». Lui, il premier, invece aveva ironizzato: «Illumineremo anche loro». Veltroni, però, aveva assunto il tono grave delle svolte storiche: «Noi non assumiamo soltanto l’onere di dire no, ma abbiamo il dovere di fare proposte alternative. Per questo facciamo il governo ombra». Solo che adesso, la fotografia impietosa è quella scattata poco tempo fa proprio da Chiamparino, ospite di Daria Bignardi su La7: «I ministeri ombra? Bella domanda. Se fossi al posto di Veltroni li riformerei. Se il governo ombra non ha proposte, si deve fare di più». Ci mancava il rimpasto ombra e allora la domanda è: ma che fanno? Si riuniscono nella sede del partito ogni giovedì alle 13, subito dopo la seduta del Parlamento e subito prima del week end che, si sa, per i parlamentari inizia il giovedì sera. Tramezzini di quelli indigesti, macedonia a salvare dalla gastrite, il più simpatico è Vincenzo Cerami il «maestro», così lo chiama Veltroni, quello che si ferma più degli altri è Realacci, perché il portavoce sarà pure Ricardo Franco Levi, ma è lui che si occupa di tradurre per il «popolo» quel che si decide qui. All’ordine del giorno a volte c’è il tema della settimana dettato dall’agenda del governo vero, altre le proposte di legge. E qui inizia la confusione segnalata a più riprese da Chiamparino. Perché le proposte di legge basterebbero i gruppi parlamentari a farle, e infatti le fanno. Del resto, neppure trattasi di un confronto sulle linee politiche, visto che per quello già esiste un coordinamento ad hoc. Non a caso, ancora Chiamparino, che a maggio Veltroni presentò come «l’anti-Lega», poco tempo fa con la Lega ipotizzò un’alleanza. Per trovarli in tv, i ministri ombra, servirebbe Chi l’ha visto, perché nelle trasmissioni di politica ci vanno sempre gli stessi. Piero Fassino per gli Esteri, anche se più della sua conta la voce di Massimo D’Alema che non fa parte del governo ombra, ma alla farnesina c’è stato per davvero. Pier Luigi Bersani per l’Economia. Marco Minniti per l’Interno. Giovanna Melandri per la Comunicazione. Roberta Pinotti per la Difesa. Gli altri, desaparecidi.
Cerchi sul sito del Pd e nella sezione dedicata al governo ombra spiccano ben cinque comunicati ufficiali. Uno è del 21 giugno 2008, lo firma Pina Picierno. Proposta di legge definitiva per le Politiche giovanili? Macché, la critica a Giorgia Meloni per aver intitolato il suo ministero alla Gioventù. C’è Vittoria Franco che annuncia con enfasi un disegno di legge sull’occupazione femminile, vabbè. Ci sono la riforma ombra per l’Università di Maria Pia Garavaglia e il piano anti crisi di Bersani.

E poi un geniale Ermete Realacci all’Ambiente che propone di usare le fonti rinnovabili perché «meno petrolio uguale meno spese e meno inquinamento». Per scoprirlo, si è avvalso della collaborazione di ben quattro sottosegretari. Il ministro vero all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ne ha uno soltanto.

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