La tassa di possesso diventa legge

GIOVEDÌ SCORSO IL "SÌ" DEFINITIVO DELLA CAMERA Lunedì il senatore Grillo spiegherà i dettagli in una conferenza stampa organizzata da Ucina-Confindustria Nautica. Ma i problemi restano

La tassa di possesso diventa legge

La tassa per le barche oltre i 10 metri è legge dello Stato: non più un’imposta sullo stazionamento, ma sul possesso. E il noleggio sarà più facile, pur con qualche problema. Dopo il via libera di Palazzo Madama, quindi, anche la Camera licenzia l’emendamento inserito nel decreto liberalizzazioni con 365 sì, 61 no e 6 astenuti. E lunedì prossimo, a Genova, il senatore Luigi Grillo, firmatario dell’emendamento e presidente dell’VIII Commissione Lavori pubblici e Comunicazione del Senato, spiegherà nei dettagli la provvidenziale virata di governo e Parlamento in una conferenza stampa organizzata da Ucina-Confindustria Nautica. Interverranno il presidente di Ucina, Anton Francesco Albertoni, e l’avvocato Francesco Cimmino, consulente fiscale della stessa associazione nautica. Mercoledì 28, infine, Ucina presenterà a Milano il terzo Rapporto sul Turismo Nautico, la più esauriente pubblicazione dedicata alle tematiche della nautica in generale e del turismo dell’acqua in particolare. Il rapporto analizza in modo puntuale i riflessi che il turismo da diporto genera a livello territoriale, ambientale, produttivo ed economico, nonché i risvolti legislativi e normativi connessi, al fine di offrire un utile quadro di riferimento per tutti gli operatori del settore. Accanto ad Albertoni, ci saranno Gian Marco Ugolini, docente all’Università di Genova, e Roberto Neglia, responsabile del coordinamento generale del terzo «Rapporto». La nuova imposta - giusta o sbagliata che sia - è decisamente il male minore. E non c’è da illudersi. Perché i problemi del settore restano. Abbiamo rischiato di fare un rovinoso passo indietro, fortunatamente compiuto solo a metà. Ma la domanda, senza risposta, è sempre la stessa: perché i governi, siano essi politici o tecnici, non dedicano sufficiente attenzione a un settore capace di produrre ricchezza, e quindi in grado di dare un grande impulso alla nostra economia? E perché basta un niet di un sindacato giurassico per bloccare ogni processo di riforma? Per la loro grande capacità di produrre ricchezza, nautica e turismo da diporto avrebbero bisogno di incentivi e sgravi. Ma sappiamo bene che non sarà così perché lo Stato considera evasori tutti i cittadini, e addirittura criminali i diportisti. A prescindere. E che dire dell’utilizzo di strumenti di accertamento come il redditometro, concepito per perseguire i disonesti in odore di malaffare, ma esteso oggi a tutti i contribuenti? Ebbe a dire Luigi Einaudi: «Solo se lo Stato è onesto può pretendere onestà dai cittadini». Concetto nobile e limpido.

Che, rivisitato nel 2012, significa: se lo Stato non paga i suoi debiti a migliaia di aziende - ce ne sono anche nella nautica - provocandone in alcuni casi il fallimento o, ancora peggio, spingendo al suicidio imprenditori disperati, perché i cittadini dovrebbero pagare le tasse? E che tasse! Forse tutti quanti, Stato e banche in testa, dovremmo ritrovare quel valore smarrito da tempo: il senso civico. Soprattutto per evitare sempre più probabili reazioni collettive che finirebbero per indebolire di più l’economia di un Paese perennemente in sala di rianimazione.

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