Politica

Tasso alcolico, la Liguria alza il gomito: non criminalizzate il vino

L'assessore all'Agricoltura scrive al governo contro l'abbassamento del limite oltre il quale scatta lo stato di ebbrezza alla guida: «È tradizione e cultura, non sballo, e va distinto dai superalcolici»

Va bene tutto. Va bene il martini all'aperitivo, va bene il grappino finale e va bene anche il cocktail alcolico della seconda serata. Chi beve non guida, chi guida non beve. Epperò il vino no. Il vino è il nettare degli dei, e che diamine, un'arte farlo e un rito berlo, storia, cultura, tradizione. Il vino no, non si può criminalizzare. È vero, non più tardi un ubriaco al volante ha causato un incidente stradale sulla via Ostiense, appena fuori Roma proprio dopo aver rubato cento bottiglie di vino con tre complici. Ma parlare di vino killer no, dai, è troppo. Arriva più o meno così, la vibrante protesta dell'assessore ligure all'Agricoltura, Giancarlo Cassini, alla proposta di abbassare dallo 0,5 allo zero il tasso alcolemico per chi guida. Non è che proprio si scagli contro il proibizionismo, che comunque «non serve a nulla», ma ci tiene a ottenere «una netta distinzione fra vino e superalcolici, oltre a una azione di maggiore conoscenza del disagio giovanile». Così, oggi dalla Regione Liguria è partita una letteraccia indirizzata al governo, al ministro per le Politiche Agricole Luca Zaia, e ai parlamentari liguri, con una forte presa di posizione condivisa, scrive l'assessore, da tutti i suoi colleghi delle altre Regioni italiane. Obiettivo: far cambiare idea alla commissione Trasporti della Camera che sta discutendo la modifica del Codice della strada. «Credo sia necessario non parlare genericamente e solamente di alcool, ma distinguere tra superalcolici e prodotti, come il vino, che sono oggetto di tutt'altro consumo e in altri contesti - annota l'assessore -. Se si vuole veramente affrontare il problema degli incidenti stradali causati da guida in stato di ebbrezza è necessario innanzitutto dire con chiarezza quali sono le vere cause che ne sono alla base, e quindi chiedersi quali correlazioni vi siano tra la possibilità di pubblicità esplicita e camuffata che ha trasformato l'uso di determinati prodotti in qualcosa di molto alla moda con l'adozione, da parte di giovani e giovanissimi, di determinati stili e modelli comportamentali». Sul vino Cassini dice che «oltre ad essere una bevanda storicamente e culturalmente legata in modo forte alla nostra storia e alla nostra cultura, ha, nella stragrande maggioranza delle situazioni, una modalità di consumo che è quanto di più lontano dallo sballo e dalla ubriacatura. Appartiene invece a una educazione al consumo moderato e consapevole, e nella stragrande maggioranza dei casi non ha legami con gli incidenti e le stragi che noi vogliamo ridurre».

Un appello simile era arrivato nei giorni scorsi dal Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero di Alba, che aveva scritto ai quattro ministri competenti segnalando il rischio di «trasformare la nostra bevanda nazionale, fattore alimentare e di salute, in qualcosa di estraneo alla vita quotidiana», nonchè «mettere in difficoltà i produttori di vino e tutta la filiera in una fase economica generale già molto complicata».

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