Flashdance, un musical da anni Ottanta

Nuova versione dello spettacolo: a ispirarlo anche un giorno agli Archivi Falck

Flashdance, un musical da anni Ottanta
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Si sono impegnati nella demolizione sociologi, attivisti politici, nostalgici degli anni Settanta e snob assortiti ma non ce l'hanno fatta: gli anni Ottanta restano popolari, amati, quasi utopici per il loro ottimismo e i colori sgargianti, e anzi più ci si allontana da loro (e si guarda al contemporaneo davvero inquietante) e più gli anni del pop col rimmel, delle acconciature cotonate e dell'Occidente saldo e gaudente (almeno nei sogni) vincono e stravincono. Non (solo) nel cuore di chi c'era, pure in quelli dei giovani che, come la maggior parte di chi è protagonista o ha lavorato dietro le quinte del musical «Flashdance» - in arrivo al Teatro Nazionale dal 9 ottobre al 17 gennaio - vedono in essi «un'epoca irripetibile». Un nuovo allestimento di «Flashdance», griffato Compagnia della Rancia e prodotto da Stage Entertainment, si prende il palcoscenico di piazza Piemonte con una tenitura allungata di una decina di giorni rispetto alle intenzioni originarie. Adattamento dell'omonimo film che ha segnato il decennio 80, «Flashdance» torna in una veste completamente rinnovata (rispetto all'edizione del 2017 passata sempre dal Nazionale) con la regia di Mauro Simone (uno dei più creativi registi in Italia), le coreografie di Giorgio Camandona, le scene di Lele Moreschi e la direzione musicale di Andrea Calandrini. A Vittoria Sardo, 25 enne performer siciliana di Caltanissetta, l'onore e l'onere di vestire il ruolo della protagonista Alex (sullo schermo passata alla storia col volto di Jennifer Beals) al centro di un cast di 20 interpreti scelti tra oltre 370 provinanti. «Calarmi nel ruolo è stato un processo avvincente spiega Sardo, diplomata all'Imperial Society of Teachers of Dancing di Londra e alla Bernstein School of Musical Theater di Bologna Sullo schermo Beals doveva solo recitare, a ballare era sostituita da una controfigura, mentre sulla scena io devo aggiungere, a recitazione e danza, il canto. Alex è un personaggio complesso, e la cosa affascinante di questo allestimento è che in esso emergono più sfaccettature rispetto al film. È la durata dello show a imporlo. Le sue caratteristiche centrali di coraggio e fragilità sono comunque rispettate».

Com'è noto «Flashdance» racconta la catarsi di una giovane saldatrice in un'acciaieria determinata a entrare nell'Accademia di Danza di Pittsburgh. Tutto ciò che ruota intorno a lei (amore, difficoltà, successo finale) passa per brani celeberrimi (aggiunti alle musiche originali di Robbie Roth) come «Gloria», «Maniac», «What a Feeling», «I Love Rock'n'roll» ma la scelta precisa di Mauro Simone è stata quella di aggiungere la descrizione di un'epoca: «Ho sempre pensato che, oltre alle relazioni tra i personaggi, il contesto sia fondamentale spiega il regista che, con Compagnia della Rancia e Stage Italia alle spalle aveva già realizzato «La febbre del Sabato Sera» . Dunque sullo sfondo emerge un'America che sente ancora l'eco della crisi siderurgica del 1979. Ho studiato quel periodo, ho passato una giornata alla Falck a Milano, osservando il materiale d'archivio, realizzando che la vita degli operai negli anni '80 era un'altra cosa. La tecnologia ha cambiato tutto. Il nostro Flashdance non è dunque solo la passione di una ragazza la danza, anche se quel lato ha una sua caratteristica particolare: a quei tempi non c'erano i tutorial e mettere a fuoco un obiettivo era più difficile».

Non a caso la scenografia gioca tra tre elementi: una scena neutra, angoli di essa che si evidenziano come un diaframma di macchina fotografica, esplosioni di colore (125 costumi realizzati da Riccardo Sgaramella) e utilizzi di neon.

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