Roma - Condannato in via definitiva per associazione con finalità di terrorismo ed eversione dello Stato democratico, potrebbe ottenere l’asilo politico grazie a un giudice. Anche se la Commissione territoriale competente per l’attribuzione del diritto di asilo ha già detto no.
È il sottosegretario Alfredo Mantovano a ricostruire questa ennesima paradossale vicenda della nostra giustizia. Il cittadino turco Avni Er condannato in Italia per associazione eversiva, articolo 270 bis, scontata la pena deve tornare in Turchia perché espulso. Allora fa richiesta di asilo politico ma la Commissione territoriale di Bari per il riconoscimento dello status di rifugiato il 29 marzo scorso gli risponde picche: nessuna possibilità di considerarlo un perseguitato vista la condanna per eversione. Ma esiste ancora un’altra possibilità: fare ricorso al giudice ordinario, chiedendo di nuovo lo status di profugo.
E il 9 aprile scorso, Luigi Di Lalla, giudice monocratico di Bari, sospende il procedimento di espulsione e fissa per il 6 maggio l’udienza che stabilirà se Avni Er ha diritto o no all’asilo politico. Non solo. Di Lalla decide pure che Avni Er venga trasferito dal Centro di identificazione ed espulsione (Cie) verso un centro Cora, dove vengono assistiti gli immigrati in attesa di una risposta alle loro richieste di asilo e dove non esiste alcun tipo di controllo.
E quello di Avni Er, assicura Mantovano, è un caso emblematico ma non isolato. Sono molti anche i clandestini che di fronte all’intimazione di espulsione giocano la carta della richiesta di asilo per allungare i tempi e trovare il modo di aggirarla. Certamente quello del cittadino turco è un caso particolarmente clamoroso perché ci si trova di fronte ad una persona condannata dal Tribunale di Perugia nel 2006, dalla Corte di Assise nel 2008 e definitivamente dalla Cassazione nel 2009 per eversione. L’uomo venne arrestato nel 2004 nell’ambito di un’operazione congiunta internazionale durante la quale vennero arrestate 82 persone in Turchia e altre 59 fra Germania, Olanda, Belgio ed Italia. Anche Avni Er fu accusato come gli altri di far parte del Dhkp, movimento rivoluzionario inserito dopo l’11 settembre nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il cittadino turco viene condannato e a fine pena viene prevista la sua espulsione.
Appena uscito dal carcere viene quindi trasferito in un Cie in attesa dell’espulsione, ma per lui si mobilitano in molti. Dall’Arci a Save the children ad Amnesty International. In Turchia, dicono, sarebbe immediatamente incarcerato e rischierebbe trattamenti disumani. Mentre si trova nel Cie di Bari lo va a trovare pure Nichi Vendola.
La sua richiesta di asilo però viene respinta dalla Commissione territoriale preposta a questo tipo di decisioni. Le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato sono dieci in tutto e sono sempre composte da un funzionario del ministero dell’Interno, un prefetto o un viceprefetto; un rappresentante del territorio e anche da un rappresentante dell’Alto commissariato per i rifugiati, l’organismo dell’Onu.
Eppure nonostante la condanna per eversione e il no della Commissione ad hoc il giudice ha sospeso l’espulsione. Un caso che si ripete molto spesso dicono dal Viminale e che è tanto più grave visto che poi alla fine queste domande di asilo vengono respinte nella maggioranza dei casi.
Nel 2008 le richieste di asilo furono 29.975. Molte di meno quelle del 2009 vista la riduzione del numero degli sbarchi: 14.712 in tutto. In media sul totale di richieste ne viene accolto soltanto il 40 per cento. Soltanto ad una piccolissima parte, meno del 10 per cento, viene riconosciuto il pieno diritto di asilo mentre al restante 30 per cento viene attribuita una più generica protezione umanitaria.
Non si tratta in sostanza di perseguitati politici ma di persone che arrivano da Paesi in stato di crisi o dove ci sono guerre in atto e dunque il rischio umanitario è tale da giustificare e rendere necessario lo stato di protezione. F.A.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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