Toh, anche la Bbc fabbrica un po’ di fango

L’informazione al tempo di Internet è, al tempo stesso, facilissima e infernale. Grazie al web si trova e si copia tutto, per colpa del web ti trovano e ti scoprono tutti. Succede tutti i giorni, a ognuno di noi. Però ci sono volte in cui la dose di leggerezza da una parte e di sfortuna dall’altra è decisamente eccessiva. Come in questo caso.
Il «caso» è l’assegnazione - avvenuta ieri sera al Teatro «Giuseppe Verdi» di Trieste in un galà che sarà trasmesso da Raiuno sabato 2 luglio - del prestigioso Premio Luchetta per il giornalismo. Dove, nella sezione «Quotidiani e periodici», è stato premiato un reportage di Giusi Fasano pubblicato dal Corriere della Sera il 19 marzo 2011 col titolo La classe dei trenta bambini che aspettano ancora i genitori. Un pezzo - come recita la motivazione della commissione esaminatrice - «sul dramma di un’intera classe di bimbi giapponesi che, dopo il terremoto e lo tsunami, hanno perso completamente la parola nell’angosciante speranza di rivedere i propri genitori». Un articolo commovente, appassionato e appassionante, ma non originale, fortemente ispirato, forse troppo, a servizi pubblicati su altri giornali stranieri e «rivenduto» come proprio dalla giornalista italiana, senza citare la fonte.
La circostanza è stata denunciata da un blog, Giappone Mon Amour, che, due giorni fa, ha svelato le fonti originali dell’articolo, chiedendo alla giornalista premiata un’ammissione di colpa e alla Fondazione che assegna il premio un gesto di maggiore trasparenza. «Di fronte all’assegnazione di un premio così prestigioso - scrive il blog - è un grande rammarico dover constatare che l’articolo risulti essere una copia ricalcata nei contenuti, struttura e ordine degli eventi di un altro articolo pubblicato tre giorni prima, il 16 marzo 2011 dal quotidiano britannico Telegraph e riproposto il 18 marzo dal Daily Mail con un impianto ancora più vicino a quello scelto successivamente dalla Fasano». E poi l’attacco più duro: «Confrontando le due versioni appare evidente che l’apporto originale della giornalista si sia limitato ad aggiunte di “colore”, quali possono esserlo l’isolamento e il silenzio che contraddistingue i trenta bambini o il loro presunto “preoccupante mutismo, che nessun medico finora è riuscito a far sospendere”, o ancora a immagini quali quella notturna dei bambini che si “scaldano stando vicini, dormendo appiccicati sotto una montagna di coperte”. Nessuno di detti particolari ha fino a prova contraria carattere di veridicità, in quanto non appaiono nell’articolo del Telegraph né hanno mai potuto riflettersi negli occhi della “inviata” che per sua stessa ammissione non è mai stata sul posto».
Da parte sua la giornalista, inviata in Giappone dal Corriere nei giorni del terremoto, contattata dal Giornale ammette di aver letto la storia sulla stampa straniera, aggiungendo: «L’ho vita su altri giornali, è vero, ma ho verificato che la notizia fosse vera. Ho provato a raggiungere la scuola e non ci sono riuscita. Con la mia interprete ho contattato alcune persone del luogo che mi hanno confermato la vicenda e l’ho scritta. La mia dimenticanza è stata non citare nel mio pezzo che la cosa fosse già uscita sulla stampa inglese». E il fatto, come sostiene chi ha messo a confronto gli articoli, che ci siano dei calchi letterali? «Può darsi. Non ricordo. Bisognerebbe leggerli insieme - è la risposta dell’inviata del Corriere -. E comunque la storia era così bella che valeva la pena farla conoscere ai lettori italiani anche traducendola pari pari, se fosse stato necessario». Di fatto, la stessa posizione assunta dal Premio Luchetta, i cui giurati (tutti eccellenti, da Mazza a Carelli, da Mimun a Bianca Berlinguer) hanno fatto sapere che il Premio «non si propone di assegnare meriti speciali agli autori di “scoop” o reportage esclusivi, ma di valorizzare storie e articoli capaci di raccontare e denunciare, con incisività e insieme sensibilità, i casi di infanzia violata... La giuria non ha mai inteso riconoscere una qualche primogenitura nell’articolo di Giusi Fasano, ma semmai la capacità di restituire, anche ai lettori italiani, un caso che ha fatto parlare proprio perché emblematico delle terribili conseguenze di una catastrofe naturale».
Ieri pomeriggio, a poche ore dalla cerimonia, a Trieste c’era maretta. Giusi Fasano, firma storica del Corriere, poco prima di ritirare il premio rivendicava la propria professionalità.

Mentre il blog Giappone Mon Amour ribadiva che «se è anche prassi riprendere una notizia “bucata”, il buon giornalismo vorrebbe, però, che si aggiungessero altri particolari, ulteriori notizie, oltrepassando quella di partenza, offrendo al lettore qualcosa in più. Qui invece mi pare che si tratti di articoli “fotocopia”».

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