Nella valle di Elah si affrontarono Davide e Golia e da lì viene il titolo dell'ultimo film di Paul Haggis, regista di Crash, sceneggiatore di Lettera da Iwo Jima e dell'ultimo 007. Ma esso non racconta un improbabile passato biblico: accenna a un reale presente bellico, che continua a mieter vittime poco più a oriente, fra il Tigri e l'Eufrate.
Un militare americano torna dunque dall'Irak per venir ammazzato da altri militari senza un perché; o meglio perché era diventato, come loro, uno squilibrato per via dei crimini di guerra commessi per ordine superiore: un ordine dato non per malvagità, ma per ridurre le perdite proprie, aumentando quelle altrui. È quel che accade nelle guerre e nelle guerriglie, dove non si uccide solo a fucilate o bombardando: càpita di farlo investendo i ragazzini che giocano a pallone, perché fermarsi significa rischiare un agguato. La trovata di Haggis è partire dal «dopo», a differenza di Redacted di Brian De Palma, altro film a sfondo criminal-bellico in concorso all'ultima Mostra di Venezia. Il filone di Nella valle di Elah è quello dello spaesamento reducistico de I migliori anni della nostra vita, Uomini, Tornando a casa, Nato il 4 luglio. Ma qui il reduce è morto prima che il film cominci.
Il protagonista infatti il padre, ex poliziotto militare (Tommy Lee Jones), che ha spinto il figlio ad arruolarsi in base al condivisibile principio «Ragione o torto, la mia patria». Ma la patria in quali mani è finita? Senza indicare il colpevole per nome e cognome, non accusando la guerra, ma la guerra stupida, Haggis - canadese - addita l'inutilità del delitto.
NELLA VALLE DI ELAH di Paul Haggis (Usa, 2007), con Tommy Lee Jones, Charlize Theron, 120 minuti.
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