Roma

Torna in giunta Di Stefano (Pd) l’assessore dei «pizzini»

Con un rimpasto era stato sostituito, con il rimpasto successivo è stato riammesso in giunta. E non importa se lo scorso febbraio, quando il suo posto di assessore regionale al Personale era stato ceduto all’ex presidente della Provincia di Frosinone Francesco Scalia, il suo addio alla Pisana era stato piuttosto rabbioso, con accuse pesanti lanciate agli ex colleghi e al presidente Piero Marrazzo, tacciato di non essere un leader sopra le parti ma di essere «sotto schiaffo di Roberto Morassut e Giuseppe Fioroni». Acqua passata. Il governatore non è tipo da portare rancore. Eccolo dunque accogliere di nuovo a braccia aperte Marco Di Stefano (Pd), offrendogli una nomina di peso come quella di assessore all’Istruzione, diritto allo studio e formazione professionale. C’erano da sostituire Silvia Costa e Francesco De Angelis, eletti al Parlamento europeo, e Bruno Astorre, passato alla presidenza del consiglio regionale. Oltre a Di Stefano sono stati nominati Luigina Di Liegro, assessore alla Politica delle sicurezze, e Giuseppe Parroncini, assessore con delega ad energia, rifiuti, enti locali, porti e aeroporti.
Eppure c’era andato giù duro, Di Stefano, il giorno del suo commiato. Aveva gettato un’ombra sull’operato della giunta. «Mi toglierò lo sfizio - disse - di leggere tutte le delibere sulla sanità che ho votato sempre in bianco, sulla fiducia del presidente, perché portate puntualmente in giunta fuori sacco». Poi era andato oltre, avanzando il sospetto che alcune di queste delibere fossero state istruite non dagli uffici della Regione ma dai dipendenti di società private. L’attacco era proseguito con altre rivelazioni-bomba. L’assessore uscente raccontò di aver ricevuto «pizzini» con raccomandazioni da importanti esponenti della giunta. Nessun nome, ma una frasetta buttata là tanto per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. L’opposizione si sollevò e chiese l’intervento della Procura. Tutti i giornali se ne occuparono. Poi più nulla. Fino a ieri, quando Marrazzo ha tirato fuori dal cilindro il nome di Di Stefano, evidentemente completamente riabilitato nonostante le sue esternazioni affatto amichevoli nei confronti del presidente e del suo entourage. Fabio Desideri (Pdl), vicepresidente della commissione urbanistica del Consiglio regionale del Lazio, si è fatto un’idea di come possono essere andate le cose. «Quelle dichiarazioni, lo avrebbe capito anche Topo Gigio, rappresentavano sia una denuncia sia un avvertimento - spiega - A distanza di sette mesi Marrazzo ha annunciato l’ennesimo rimpasto. L’avviso dell’ex ha sortito effetti: il governatore lo ha ripreso in squadra, assegnandogli una delega importante, quella all’Istruzione.

E Marrazzo, dopo aver ingoiato i rospi delle denunce dell’ex, sbattute sulle prime pagine di cronaca di tutti i quotidiani, chiude il rimpastone da sconfitto, senza aver trovato una squadra e lacerando ancor più il suo partito».

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