Torna la pasionaria argentina regina della «Nueva cancion»

Al Festival Latinoamericando la cantante 73enne che ha conosciuto l’esilio durante la dittatura Videla per aver difeso la sua terra

Compie idealmente quasi mezzo secolo il movimento della «nueva cancion», fronte politicizzato e di grande resistenza nel campo delle libertà e dei diritti civili della musica popolare latinoamericana. Inutile sottolineare come fin dall'inizio della storia, l'assoluta protagonista e testimone centrale delle azioni pubbliche al fianco dei deboli, degli emarginati e degli oppressi, è stata Mercedes Sosa, «pasionaria» argentina che stasera torna in concerto a Milano, dopo sei anni di assenza, ospite del «Festival LatinoAmericando Expo». Un ruolo musicale e sociale, il suo, quasi voluto dal destino: la regina della «nueva cancion» è nata lo stesso giorno, il 9 luglio del 1935, e nello stesso luogo, San Miguel de Tucumàn, nel quale oltre un secolo prima era stata proclamata l'indipendenza dell'Argentina. Da decenni nell'Olimpo delle grandi vedette internazionali, la 73enne cantante argentina, che ha inciso oltre 70 dischi e collaborato in passato con artisti come Luciano Pavarotti, Sting, Lucio Dalla, Joan Baez, Andrea Bocelli, Caetano Veloso, Milton Nascimento, Chico Buarque e Franco Battiato, fu premiata nel 1996 dal Consiglio internazionale della musica dipendente dall'Unesco.
Un importante riconoscimento: non solo alla sua straordinaria e sfolgorante carriera musicale e per la ricerca indefessa condotta sul patrimonio popolare e sulle tradizioni culturali indios, ma anche e soprattutto perché si è fatta portavoce «degli alti valori etici e morali dimostrati negli anni bui della storia dell'Argentina e per le sue battaglie in difesa dei diritti umani e del dialogo fra i popoli».
Dotata di un timbro vocale e di qualità di interprete originalissimi, negli anni della dittatura militare Mercedes diventò infatti la voce di un popolo in lotta contro gli abusi del regime e l'agghiacciante fenomeno dei desaparecidos. E nel '78 fu costretta all'esilio, dopo che i militari di Videla erano intervenuti a un concerto, per poi arrestarla insieme a molti spettatori, ed espellerla come persona non gradita. Tutto questo perché cantava una canzone, «Cuando tengan la tierra» (traducendo: Quando avranno la terra), contro i padroni della terra e le tirannie perpetrate contro i campesinos.
Questa condizione (visse prima a Parigi e, poi, a Madrid) ne accrebbe il carisma e quando, quattro anni più tardi, le fu consentito rientrare in Argentina, fu accolta alla stregua di un eroe nazionale. «La lontananza consuma la tua energia - ha detto - Ho bisogno della mia patria, della mia gente, per ritrovare la creatività. L'esilio, per un artista, è la peggiore mortificazione. Per me cantare è come parlare, camminare, qualcosa che ho imparato senza sacrificio. Cantare è un privilegio che mi permette di comunicare». Quando è in serata di grazia, la signora Sosa sa regalare momenti davvero commoventi.

Per esempio, mentre intona i suoi più conosciuti cavalli di battaglia - «Gracias a la vida», «Vuelvo al Sur», «El jardin de la Republica» -, il pubblico, soprattutto quello degli immigrati argentini sparsi per il mondo, si stringe intorno al palco alla maniera delle madri nella Plaza de Mayo di Buenos Aires.
E in un tripudio di fazzoletti bianchi e di braccia tese, a volte, scappa anche qualche lacrima furtiva.
Mercedes Sosa
LatinoAmericando
Datch Forum di Assago
stasera, ore 21.30

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