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«Torniamo al paese, che c’è di strano?»

Al professor Franco De Padova ci sono voluti la bellezza di quarantatré anni per coronare il suo sogno: diventare preside. E cos’ha fatto appena ha tagliato il traguardo? Ha preso il premio ed è scappato. Il professor De Padova è uno dei 50 dirigenti scolastici della Lombardia (su 80 nominati lo scorso anno) che, una volta ricevuto l’incarico, si sono fatti trasferire al proprio paesello d’origine al Sud.
Un obiettivo perseguito con determinazione all’ultimo concorso riservato al termine del quale era entrato nella graduatoria ad esaurimento degli idonei in attesa di un posto. E nell’agosto scorso per il professore il posto era finalmente arrivato: all’istituto comprensivo Leonardo da Vinci di Bollate, la classica scuola di periferia milanese di un comune cresciuto a dismisura proprio per l’emigrazione dal Sud. Qui cattedre e persino uffici di dirigenza cambiano spesso, proprio per il fenomeno del «prendi il posto al Nord e scappa al Sud» che il Giornale ha raccontato ieri.
Professore ha abbandonato così in fretta i suoi alunni?
«Sono malato di cuore, lontano da casa non mi sentivo tranquillo. Voglio avere il mio medico curante a portata di mano. Nelle mie condizioni non si sa mai, meglio non correre rischi. E poi la famiglia, gli amici, il mio mondo a cui sono troppo attaccato».
Quindi lei ha un motivo serio, non come gli altri 49 suoi colleghi.
«Guardi le sto rispondendo soltanto per cortesia ma almeno non metta il mio nome».
Ma perché professore scusi, lei non ha niente da vergognarsi. E poi il suo nome risulta da tanti atti ufficiali. O ha qualcosa da rimproverarsi?
«Non capisco che cosa ci sia di strano in quello che ho fatto. Io non ho tolto il posto a nessuno. Ho semplicemente usufruito delle regole fissate per il reclutamento dei presidi. Qui a Lecce c’era un posto e sono tornato per occuparlo. In verità di sedi libere ce ne sono state ancora quest’anno, così tanti miei amici che erano rimasti iscritti nella graduatoria hanno potuto sistemarsi anche loro».
Ottenendo il posto al Nord e scappando al Sud
«Un anno dopo di me, ma senza subire un anno di purgatorio. Davvero non capisco perché ce l’avete tanto con noi».
Come è andata a Bollate?
«Mi sono trovato bene. Sono stato accolto con grande affetto e collaborazione».
E quindi se n’è andato.
«Una sola nota spiacevole: i genitori. Si prendono troppo spazio e non ci lasciano lavorare tranquilli».
E ora l’istituto di Bollate sarà a disposizione di uno dei 103 «idonei» che la prossima settimana si presenteranno alla direzione scolastica della Lombardia.

Dal Meridione, ovviamente.

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