Politica

Il Torquemada di Rai2 s’inchina a Tonino per la beatificazione

"Annozero" va in onda l’arringa indisturbata dell’ex pm che annuncia: nell’Idv ho fatto pulizia

Con quale garbo alle 21,50 di ieri sera Michele Santoro chiede ad Antonio Di Pietro «che c’azzecca» con l’inchiesta di Napoli. A essere pignoli non è neanche un chiedere, è un dare la parola; non sembra un intervistatore, Santoro: sembra un moderatore delle cene del Rotary o dei Lions, adesso cari soci diamo la parola al nostro ospite. Di Pietro raccoglie l’assist e parla come parla di solito: un po’ di proverbi, un po’ di benedetto il Signore, la voce che si alza, le mani che si agitano, gli occhi che paiono uscire dalle orbite. Va così in onda, ad Annozero, l’indisturbata arringa del grande moralista che può far sapere agli italiani di avere rimosso il chiacchierato provveditore sotto inchiesta, di avere fatto pulizia al ministero, di essere uno che «con la giustizia si collabora», e giù applausi. Santoro, il Torquemada di tanti politici, non interrompe, non commenta, non obietta, non chiosa. Non fa neppure domande. Ad esempio: onorevole Di Pietro, come mai prima ha detto di aver saputo dell’inchiesta su Mautone dalle agenzie di stampa, poi di averlo appreso «annusando l’aria», poi di essere stato messo sul chi va là da un pool di 007 arruolati al ministero? Perché ha già dato tre versioni una in contrasto con l’altra? Santoro non chiede. Per il momento non chiede nulla neanche delle raccomandazioni chieste al telefono da suo figlio Cristiano. Eppure, per quelle telefonate Di Pietro junior è indagato. Gli indagati non sono forse, per quelli di Annozero, dei presunti colpevoli? Anzi dei sicuri appestati da escludere dal consesso civile? Ma Santoro sembra perdere la voce, il nome di Cristiano non s’ode neanche di striscio. Ma che strano. Santoro non chiede nulla neanche sul singolare codice etico dell’Italia dei Valori che evidentemente prevede la sospensione degli indagati dal partito, ma non dagli incarichi pubblici ricoperti (è il caso appunto di Cristiano). Forse Santoro s’è trattenuto perché temeva una nuova reprimenda, dopo quella che gli è toccata per le scalmane della scorsa settimana? Ma sì, dai, forse si è trattenuto per questo, altrimenti Di Pietro l’avrebbe fatto a pezzi. Annozero s’era aperto infatti con l’amaro sfogo, l’accorato appello, la dolorosa autodifesa. «Io non commento mai le trasmissioni», esordisce Santoro, che poi cita il Papa, l’Onu e Grossman. Hanno detto cose durissime sul massacro dei bambini palestinesi - dice - «e noi non abbiamo mai detto niente di questo livello, abbiamo solo mostrato immagini». Santoro che si sente «linciato» si rivolge al presidente Napolitano e gli chiede se trova «tollerabile» il fatto che Annozero sia stato sanzionato con una multa da «un’autorità di garanzia per una vicenda di anno fa, siamo fuori tempo massimo». Chiede, Santoro al presidente: «Ma dov’è finita la terzietà?». Già la terzietà. Che poi vuol dire un po’ anche obiettività. O almeno non-faziosità. E a Santoro rimproverano proprio questo: di essere fazioso. Lui ieri sera ha fatto una puntata, va detto onestamente, che fa a pezzi soprattutto il Pd, la sua disastrosa gestione di Napoli, i suoi affari con imprenditori chiacchierati e anzi già processati, il suo tenere in miserabili condizioni la povera gente delle case popolari. Sarebbe ingiusto dire che Santoro se la prende solo con il centrodestra. Chiedete al Pd, se non sono anche loro furenti. Quella di ieri sera non è stata certo una delle puntate peggiori di Annozero. Semmai è stata la noia, a dominare. Stavamo per addormentarci. Quando alle 22,32 Santoro sembra avere un sussulto e dice a Di Pietro «adesso dobbiamo fare una domanda cattiva»; finalmente chiede del figlio, ma non eravate diversi? Di Pietro si infiamma, rovescia la frittata che è una meraviglia, la vicenda di suo figlio diventa un fiore all’occhiello per il suo partito: mio figlio si è dovuto sospendere dal partito - dice, anzi urla - altro che attaccare i magistrati, noi sì che siamo diversi. Santoro sussurra: però non si è dimesso dagli incarichi di amministratore pubblico. Di Pietro è davvero convincente nella sua risposta: «E che potevo fare, prenderlo a calci nel...?». Poi prosegue indisturbato, l’arringa diventa un comizio, Santoro è molto gentile, dice a Tonini del Pd che il «prendere le distanze» dal figlio da parte di Di Pietro gli sembra perfino eccessivo. «Ma sì, sono cose un po’ da vecchio democristiano, ma niente in confronto all’inchiesta su Romeo», dice Santoro, che aggiunge: evidentemente questa storia l’hanno messa in giro per sviare l’attenzione dai veri intrallazzi. Insomma alla fine Antonio Di Pietro ne esce rafforzato, non indebolito. Con l’inchiesta sul figlio ci fa un figurone: in studio non c’è nessuno che disturba il quadretto. E infatti il sottosegretario Mantovano, con la gentilezza che lo contraddistingue sempre, osserva: «Mi sembra che stiamo assistendo alla beatificazione di Di Pietro». Michele Santoro è un grande giornalista, diciamo sul serio, perché la sua bravura è innegabile. Però ieri sera era mogio mogio. Non sembrava neanche l’ombra dell’inquisitore che mette alle corde, accende gli animi, scatena le risse.

Santoro è un grande giornalista, ma quanto sarebbe ancora più grande se una volta anche Di Pietro fosse costretto ad alzarsi e ad andarsene, come è successo a Mastella, a Sgarbi, a Lucia Annunziata.

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