«Giuda», «Ponzio Pilato». «Imbroglione», «Sarai tu». «Scorretto», «Vile». E via così da tre giorni. Protagonisti non due acerrimi avversari di schieramento, ma Dario Franceschini il segretario del Pd e Antonio Di Pietro il leader dell'Idv. E per fortuna che sono alleati. Se già dal giorno dopo lo sfortunato patto elettorale i due partiti hanno iniziato a darsele di santa ragione, è in queste ore, con le Europee in vista, che va in scena lo scontro più feroce.
Il primo a cominciare è stato Franceschini. Dopo aver annunciato che il suo Pd non avrebbe candidato i big, ma solo le seconde file, «perché è un imbroglio candidare persone che poi non resteranno a Bruxelles», il leader democratico ha criticato la scelta opposta del Pdl, ma ha dedicato gli strali peggiori all'Idv. Domenica scorsa s'è presentato ai microfoni del Tg3 e prima se l'è presa con Silvio Berlusconi, reo di guidare la liste per l'Europa, e subito dopo ha aggiunto: «Non mi riferisco solo a Berlusconi. Gli italiani sono stanchi di politici che dicono cose e nei comportamenti fanno l'opposto. Mi riferisco purtroppo anche a Di Pietro, che per i suoi elettori è diventato un simbolo di legalità e intransigenza e poi alle elezioni europee fa la stessa scelta di Berlusconi: si candida in un posto in cui non potrà stare nemmeno un minuto perché incompatibile per legge. Facendo così tradisce i suoi elettori». Traditore sarai tu, è stata la replica immediata di un Tonino furioso, che ha rincarato la dose all'urlo di: la vera opposizione sono io, e tacciando l'alleato di pavidità. «Anche noi dell'Italia dei Valori manderemo al Parlamento europeo coloro che rimarranno fino alla fine e che svolgeranno un lavoro nell'interesse del Paese. Ma noi, a differenza del Pd, faremo di più: ci opporremo ai candidati Berlusconi e Bossi con tutte le forze perché essi, in quanto leader, sono espressione di un partito. Chi dirige il partito di vera opposizione ha il dovere di candidarsi per offrire una valida alternativa agli elettori. Lasciamo, dunque, a Franceschini e ai suoi la pilatesca scelta di "armiamoci e partite" di ben altra memoria». Tiè. Finita? Macché, appena cominciata.
Ieri, secondo round, questa volta il primo pugno lo sferra l'Idv. Doppio. Al mattino ci pensa Gianni Vattimo: «La sola opposizione sta nell'idv. Il Pd tradisce il suo mandato. Lo abbiamo sospettato sin dalle nomine Rai. Lo testimoniano ulteriormente gli attacchi di Franceschini a Di Pietro, visto come nemico numero uno». Che poi, aggiunge il candidato dipietrista: «Se l'emorragia di voti dal Pd preoccupa tanto i suoi dirigenti, si chiedessero le motivazioni di questo fuggi fuggi elettorale e militante, anziché additare come male assoluto Di Pietro. La verità è che il Pd non contesta il sistema valoriale sul quale di fatto su basa Berlusconi. Ha perso egemonia e credibilità. Ha perso progetto e missione. Ha perso fiducia». Al pomeriggio la seconda dose la dà Di Pietro: «Prendiamo atto che Franceschini ritiene che il Pd non debba candidare coloro che rappresentano il vertice del partito. Noi dell'Idv sappiamo che quando c'è una battaglia dagli esiti finali si va al confronto finale e non si fugge».
Basta? Ma và. Oggi, altro giro altro botta e risposta. Con colpo di scena, però. A Franceschini che ha ribadito che «il Pd ha fatto una scelta di serietà», mentre Berlusconi e Di Pietro fanno «una cosa scorretta nei confronti degli italiani», Di Pietro ha risposto denunciando che, nonostante «la velanza nazionmale importantissima» della chiamata alle urne del 6-7 giugno «il Pd non ha il coraggio di metterci la faccia».
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