Trani, i giudici spiano anche Tremonti e Maroni Il reato di Silvio? Non gli piace Santoro

Il regime dei Pm: non solo Berlusconi e Minzolini nelle intercettazioni a strascico. Reati? Nessuno. Ecco Berlusconi intercettato. Alfano invia gli ispettori: "Episodi gravissimi". Editoriale di Minzolini al Tg1: "Mi vogliono muto e cacciato a pedate. Parole da fascisti". Il premier: "L'inchiesta? Una cosa ridicola"

Trani, i giudici spiano anche Tremonti e Maroni 
Il reato di Silvio? Non gli piace Santoro

Più passano le ore meno la situazione si chiarisce. Anzi. Tra smentite e mezze conferme l’inchiesta di Trani, che ha coinvolto non si sa a che titolo anche il presidente del Consiglio e il direttore del Tg1, appare sempre più come una enorme bufala giudiziaria. Non si capisce l’ipotesi di reato, e molto più probabilmente non c’è nessun reato. Non si sa a che titolo telefoni di alte cariche dello Stato fossero sotto intercettazione. L’unica cosa certa è che gli spioni del palazzo di giustizia hanno registrato anche conversazioni private di ministri come Giulio Tremonti e Roberto Maroni, oltre che di numerosi parlamentari. E che tutte le trascrizioni sono già nelle mani del fido Travaglio, pronto a snocciolarle all’occorrenza anche se non costituiscono prova di alcun abuso. Il ministro Alfano ha spedito a Trani i suoi ispettori ipotizzando «gravissime patologie». Siamo certi che non si caverà un ragno dal buco, e semmai qualche cosa accadesse, ministro e ispettori verranno accusati di ingerenza e ostacolo alla libera attività dei magistrati e probabilmente messi sotto processo pure loro.
In una democrazia liberale tutto questo non sarebbe possibile. Spiare senza fondate ipotesi di reato capo del governo, ministri, deputati, giornalisti e autorità è da regime. E in effetti siamo avviati su quella strada, alla dittatura dei magistrati e dei complici politici. Un direttore di giornale, o telegiornale, intercettato dovrebbe essere cosa gravissima, questa sì un vero attacco alla libertà di stampa, altro che la querela del premier a quel miliardario di De Benedetti, editore di la Repubblica. E invece i giornalisti democratici dei giornaloni democratici assistono compiaciuti. Anzi, applaudono la magistratura. Ero conscio di far parte di una categoria così così, ma non pensavo fino a questo punto. Pur di andare in quel posto a Berlusconi consegnano a terzi, i pm, i nostri telefonini, cioè la nostra vita.
Certo, il telefono di Ezio Mauro, direttore di la Repubblica è al sicuro, altrimenti già sapremo come diavolo ha fatto a comperare casa evadendo il fisco. Da quelle parti i magistrati non intercettano, ma non ce la prendiamo più, è tempo perso, inutile. Si nascondono dietro un pugno di giudici eroi che si battono contro criminalità e mafie per fare i loro interessi, che poi è uno: abbattere Berlusconi e impedire quella riforma della giustizia che toglierebbe loro privilegi feudali e immunità assolute. E allora ce la prendiamo col governo, perché separazione delle carriere, processi in tempi certi, responsabilità civile per errori e mancanze gravi (quest’ultima votata a grande maggioranza in un referendum dagli italiani, non da un governo fascista, e poi azzerata da politici compiacenti e fessi), sono necessità non più rinviabili. Il centrodestra non ha più scuse. Da sedici anni ci sta provando ma non ha mai avuto il coraggio di andare fino in fondo. Un misto tra paura di vendette, speranza di riguardi e di soggezione verso tre conduttori, quattro giornalisti e un pugno di intellettuali in malafede ha sempre bloccato il varo delle leggi. Il risultato di tanta attenzione e cautela si è visto. Dall’accanimento giudiziario contro il premier si è passati alla giustizia-gossip prima e alla giustizia anti-Pdl ora.
Più passa il tempo più il fronte dell’offensiva si allarga. Berlusconi dice di aver le mani legate. Se aspetta ancora un po’ rischia di averle davvero, ma con le manette, magari per aver detto al telefono qualcosa di politicamente scorretto rispetto al sentire di lorsignori. Non escludo che la cosa potrebbe far felice, o comunque non triste, il suo socio principale nel Pdl, quel Gianfranco Fini che non perde occasione di elogiare l’onestà e l’indipendenza della magistratura tutta, dando così una importante copertura politica a operazioni da Kgb camuffate di legalità.

Il presidente della Camera avrà fatto i suoi calcoli per lasciare solo il premier, e tutto il Pdl, in questa impari guerra. Gli auguro che siano quelli giusti, ma non ne sono così certo. Una volta raggiunto l’obiettivo, potrebbe finire anche lui nello stesso tritacarne. I metodi di certa gente non cambiano mai, lo insegna la storia.

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