«Trattare i ragazzi da malati è pericoloso»

«Ora sapranno che ad essere arrabbiati non sono solo i genitori, ma anche il Prefetto, il sindaco, insomma lo Stato». Spiega così la «parte utile» dell’ordinanza anti alcol Gustavo Charmet, psichiatra e conoscitore dei disagi giovanili. Le ultime news, con la multa ad altri baby alcolisti non lo sorprendono, né lo stupisce l’alto numero di ragazzi che finisce in ospedale dopo aver bevuto, al punto da rendere necessari dei servizi ad hoc come quello del Fatebenefratelli.
L’ordinanza è dunque utile tout court?
«In realtà l’educazione non si fa con le ordinanze e il problema dell’alcol fra i giovani è proprio di carattere educativo, non sanitario - curabile con un ricovero - né tantomeno penale - sanabile con una multa -. Ma l’ordinanza può essere un utile supporto: è una sanzione e suscita una reazione da parte dei genitori e mette “fuori legge” l’alcol, equiparandole alle droghe».
Alcol uguale droga?
«I ragazzi scelgono l’alcol per il loro sballo perché rispetto alle droghe non crea dipendenza e non sfocia nell’illegalità. Metterlo al bando, sotto una certa età, lo rende “pericoloso” e gli fa perdere quell’appeal dato dall’impunità».
Perché i ragazzi bevono così tanto?
«Perché è un rito collettivo. Il consumo è solo apparentemente individuale, ma di fatto è un fenomeno di gruppo. I ragazzi non bevono per annegare dolore. Infatti nessuno beve solo: lo si fa in gruppo per diventare disinibiti, far ridere, “accarezzando” una trasgressione a prezzo più modico delle droga».
Servizi come quello del Fatebenefratelli costituiscono un aiuto concreto?
«Medicalizzare e psicanalizzare non è mai una soluzione. Spesso è dannoso.

Si rischia di regalare al giovane la “patente” di alcolista. Concedendogli l’attenuante di ammalato lo si “innocentizza”. Meglio che ad ascoltare i giovani oltre alle famiglie, tornino a pensare le scuole».
Come si sopravvive a questa età?
«Crescendo».

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