Silvia Pedemonte
Un anniversario: il centoventiduesimo dalla nascita di Mussolini. Una commemorazione, nata curiosa di affrontare temi e quesiti, partendo da tre pubblicazioni: perché, anche e soprattutto oggi, è necessario tornare sulla figura del Duce e del suo essere o meno «Luomo della Provvidenza» (di Arrigo Petacco per Le Scie Mondadori); perché, anche e soprattutto oggi, nel momento in cui An perde pezzi per chiacchiere da bar, è indispensabile tornare alla coerenza di Giorgio Almirante («Quando voi insistete a proposito dei valori della Resistenza ed io insisto sui contrapposti valori della Repubblica Sociale Italiana, vi dico che non sono disposto a cedere su questo piano: non sono disponibile a rinnegare» - in «Giorgio Almirante, un protagonista controcorrente» di Franco Franchi, per Koinè Nuove Edizioni); perché, anche e soprattutto oggi, è necessario cercare la via duscita definitiva da quel «25 aprile. I giorni dellodio e della libertà» (di Raffaello Uboldi, per Le Scie Mondadori), da quei «giorni in cui gli italiani seppero soprattutto uccidere e odiare e mai, o quasi mai, comprendere e perdonare».
Di tutto questo, si è parlato venerdì sera nella sala congressi del Park Hotel Suisse, a Santa Margherita, nellincontro promosso dal Circolo Alleanza per Rapallo.
Partendo dalla figura del Duce, quella «che il libro di Petacco è riuscito a ricomporre nella realtà: perché nessun italiano è stato più amato e odiato, nessuno ha lasciato dietro di sé tanto amore, tanto amore e tanto odio - spiega Vincenzo Gubitosi, che rincara - Mussolini è stato senza dubbio uno dei più grandi politici del 900»; passando per lOro di Dongo (con lintervista al partigiano «Bill», Urbano Lazzaro, luomo che arrestò Mussolini, intervistato sulle pagine sul periodico «Bacherontius», di Marco Delpino) e poi per Almirante, lume, fiamma di riferimento in un momento, quale quello attuale di An, in cui «bisogna riflettere e prima di tutto, tutelare lidentità politica e i nostri valori essenziali - continua Gubitosi. E, poi, si arriva a quei «giorni dellodio». Quelli raccontati dal giornalista Raffello Uboldi, nel suo libro, certo; ma anche dalle sue parole, al Park Hotel Suisse. «Io cero, nel 1943: avevo 17 anni e non scelsi Salò. So, però, per certo, che chi lo fece venne spinto dalle più svariate motivazioni: cera chi aderiva per la figura di Mussolini; chi per la vergogna dellarmistizio, che lasciò lesercito senza punti di riferimento; chi per il senso dellonore; chi, perché negarlo, per motivazioni economiche. Insomma: impossibile mantenere in piedi lequazione milite di Salò uguale mascalzone. Non avrebbe alcun senso. Soprattutto a sessantanni di distanza».
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