La Casa Editrice De Ferrari sta ripubblicando una collana di romanzi e racconti a carattere investigativo con il titolo «Codice Giallo». Il primo libro della serie è «La tipografia dei due orsi» di Ezio D'Errico a cura di Claudia Salvatori. In questo romanzo d'indagine il commissario Emilio Richard, capo della seconda Brigata Mobile della Sûreté di Parigi, si trova a dover risolvere il caso di uno straniero, americano degli Stati Uniti, trovato morto nel ripostiglio di una tipografia alla fine degli anni trenta.
L'intera vicenda si svolge in un contesto di rivalità tra due tipografie: quella in cui è stato rinvenuto il cadavere, a vocazione antica e tradizionale, e quella concorrente, ubicata vicino alla prima, propensa invece alle innovazioni tecnologiche e d'immagine.
Nel ventre di una Parigi invernale, in concomitanza di fermenti politici che vedono coinvolti gruppi di anarchici, si muovono personaggi misteriosi e caratteristici implicati, in un qualche modo, nella vicenda. È particolarmente affascinante la capacità dell'autore di descrivere ambienti e personaggi, anche quelli di secondo piano, con tratti poetici e romantici, come nella tradizione della letteratura dell'ottocento, al punto che alcuni critici letterari lo definirono il «Simenon italiano» per essere stato in grado di colmare il vuoto lasciato dalla scrittore belga dopo l'ultimo Maigret edito da Fayad nel 1934. Ma D'Errico, a pieno titolo, è stato anche scrittore del '900: completo, poliedrico, curioso di sperimentarsi in molti generi letterari ed artistici anche in qualità di commediografo, pittore astrattista, perito grafico e fotografo. Nelle vicende in cui è protagonista il commissario Richard, il metodo investigativo non è soltanto strettamente legato a ragionamenti logico-deduttivi come in Conan Doyle, ma perde l'eccessiva, o quasi esclusiva fiducia, nel positivismo razionalistico. La risoluzione degli intrecci talora avviene anche per eventi apparentemente fortuiti o casuali ma, nei quali, gioca un ruolo determinante l'intuito del commissario che ama muoversi fra la gente e gli ambienti ove raccogliere ispirazioni per la risoluzione del caso. D'Errico stesso, in un passo tratto dal romanzo «La famiglia Morel» (Mondatori ,1938) definisce così la tecnica investigativa del suo commissario: «Il metodo di Richard, di abbandonare i quesiti polizieschi ai margini, e di imbeversi lentamente dell'ambiente fino a saturarsene per poi avvicinarsi al nocciolo della questione, richiedeva oltre che una lunga abitudine nel vagliare gli indizi, anche una comprensione umana che era la qualità più preziosa e forse più inconscia posseduta da quell'omaccione dall'apparenza un po' tonta».
La lettura della riedizione è consigliabile non solo a chi ama i gialli, ma anche a tutti coloro che apprezzano le descrizioni molto curate degli ambienti e dei personaggi che vi si muovono: sembra proprio di essere al fianco del commissario durante le indagini e di potersi confrontare con lui come spesso fa il suo amico e collaboratore, medico legale, dottor Milton.
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