Adalberto Signore
nostro inviato a Rimini
Giulio Tremonti si presenta alla platea del Meeting di Rimini con la sua consueta dose di sarcasmo ma senza dimenticare la sua infaticabile verve polemica. «Lultima volta che ho parlato in pubblico avevo di fronte una platea un po diversa», è l'esordio del vicepresidente del Consiglio che evidentemente non ha ancora dimenticato la contestazione del 2 agosto scorso in occasione del venticinquesimo anniversario della strage di Bologna. «Non c'è bisogno - si schernisce con il pubblico che risponde alla battuta con un applauso scrosciante - basta non fischiare». Prima di chiudere il preambolo, il vicepremier si concede pure un richiamo bonario a Marcello Pera: farò anchio un intervento alto, ma non «mistico» come quello del presidente del Senato.
Finito con i convenevoli, lo «statista» - così lo presenta Giorgio Vittadini - entra subito nel merito delle questioni che più gli stanno a cuore. «L11 settembre 2001 - dice - non centra un tubo con la crisi. Leconomia degli Usa è ripartita alla grande, è lEuropa che si è piantata». Perché? Tremonti individua due date: il 9 novembre 89 e il 15 aprile 94. «Da allora - spiega - il mondo è cambiato. Prima con la caduta del muro di Berlino, poi con la partenza del Wto». Lex ministro dellEconomia ce lha soprattutto con lorganizzazione mondiale del commercio («lultima pazzia ideologica del 900») perché «tra le ragioni del terrorismo» c'è anche «la reazione identitaria del mondo arabo alle aperture del Wto». E ancora: «Non è stata lEuropa a entrare nella globalizzazione ma la globalizzazione a entrare in Europa trovandola impreparata».
Poi, Tremonti punta il dito contro lUnione europea. A differenza del presidente del Senato che si era concentrato sulletica dei valori, il jaccuse è tutto o quasi in chiave economica. «Mercato unico, pensiero unico, errore unico», è la sintesi che fa tra gli applausi. «È finita l'età delloro, ora lEuropa ha davanti tempi di ferro». «Facciamo troppe regole, le applichiamo male e solo a noi stessi», spiega incassando il consenso della platea. Il riferimento è ai «tecnocrati» di Strasburgo e Bruxelles («siamo un continente che ha un destino comune ma non un governo comune») ma pure alla Cina. Tremonti individua un percorso: «Finanziare i processi di riconversione e attivare il meccanismo di reddito pubblico europeo per favorire gli interventi per la ricerca e l'innovazione; attivare capitale dall'estero con una politica fiscale apposita, come ha fatto lIrlanda; destinare una quota dellIrpef al volontariato o al terzo settore, come accade con lotto per mille con le confessioni religiose» («facciamo il sette per mille - ironizza - così evitiamo di confonderci»). Poi lancia la sua ricetta: «Per due o tre anni in Europa bisognerebbe liberalizzare tutto, con l'eccezione di ciò che è vietato dalla legge penale». Secondo il vicepremier, «lintroduzione delleuro» e «la questione Cina» sono «i due problemi che quasi in contemporanea» hanno messo in ginocchio lEuropa. «La moneta unica - dice - non è stata senza effetti negativi per leconomia privata. Il change over non è stato neutrale in nessun Paese. E poi cè un tizio che dice che ci volevano i cartellini col doppio prezzo. A parte che è dai tempi di Vespasiano che non si può fare il controllo sui prezzi, non centra niente!».
È solo la prima stoccata a Romano Prodi, laffondo vero e proprio arriverà di lì a qualche minuto. Prima la durissima critica alla Cina: «Dobbiamo competere con Paesi a cui peraltro neghiamo lo status di economie di mercato. Ma non puoi concorrere se hai una quantità impressionante di regole da rispettare mentre il tuo avversario non ne ha neanche una». Poi Tremonti ricorda il flop della Costituzione europea. E attacca a testa bassa il leader dellUnione: «Chi ha fallito in Europa non può vincere in Italia, deve andare a casa». Il vicepremier parla pure delleconomia italiana («sta recuperando»), polemizza con il ministro Gianni Alemanno sulla tassazione delle rendite finanziarie (un inasprimento avrebbe come conseguenza solo la fuga di capitali dallItalia), mette in guardia gli italiani - in serata da Cortina dAmpezzo - («Se volete i bot tassati votate Prodi») e si inserisce nel dibattito sul bipolarismo lanciato da Mario Monti dalle colonne della Stampa. «Insisto, chi ha fallito in Europa - è la sua risposta a una espressa domanda sullargomento - deve andare a casa. NellUe il modello è quello del bipolarismo, popolari da una parte e socialisti dall'altra. Io vedo solo il bipolarismo». La polemica, però, assicurerà più tardi il vicepremier, «non era rivolta a Monti». «Davanti a mille persone - spiega - manco stai attento alle domande.
Tremonti: «Prodi ha fallito in Europa, vada a casa»
Sdi, Margherita e Verdi avvocati difensori dellex presidente Ue
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