Addio ai Rem. Dopo trentun anni e rotti, la band di Michael Stipe ha annunciato di essersi sciolta definitivamente: «Abbiamo costruito qualcosa di straordinario. Ma tutto ha una fine. E noi abbiamo deciso di chiudere a modo nostro». E il loro modo tutti lo conoscono almeno da quando il primo album inciso per una major (Out of time inciso per Warner nel 1991 con la celebre Losing my religion) li ha trasformati nel capolavoro del rock indie, quello di lotta e di governo, capace di conservare i cromosomi della musica incisa in garage ma in grado anche di allargarsi a una platea enorme e trasversale.
Merito senz’altro delle canzoni. Ma più ancora di Michael Stipe che come cantante non sarà poi un granché. Ma come icona è perfetta. Intellettuale. Creativo. Telegenico. «Come Rem e come amici e co-cospiratori abbiamo deciso di chiudere la nostra storia. Abbandoniamo le scene con un grande senso di gratitudine, di realizzazione e di stupore per tutto quello che abbiamo realizzato».
E non ci hanno impiegato poco a farlo. Hanno iniziato a fine anni Settanta, mica ieri.
E da Athens, in Georgia, hanno avuto la costanza di rimanere sempre in sella, senza litigare troppo perché, a parte il batterista Bill Berry che se ne è andato dopo il tour di Monster, Mike Mills e Peter Buck e Michael Stipe sono rimasti insieme tutto questo trempo senza pestarsi troppo i piedi, lasciando trapelare qui e là (come nell’ultimo disco Collapse into now) l’anima davvero rock oppure conservandola soltanto sottotraccia. Con onestà. E passione, se proprio bisogna dirlo, qualcosa che rimane davvero come il loro più grande regalo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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