Almeno un risultato i residenti in civile rivolta contro il nuovo Triboniano lhanno già ottenuto. La firma dei capofamiglia rom al «patto di socialità e legalità» con le istituzioni è slittato a lunedì, cioè non prima dellingresso delle 33 famiglie nel campo numero 1 e dellapertura dei contratti Aem per la fornitura di energia elettrica e gas. A proposito, i rom hanno ottenuto di portare dentro le bombole per cucinare, con lobbiettivo di abbassare i costi delle bollette, che saranno obbligati a pagare come chiunque altro. La sigla in calce al documento allora non è proprio una formalità, da sbrigare in fretta prima di mettere piede nei container nuovi di zecca, piuttosto un passo importante da compiere solo dopo aver ribadito i punti chiave dellaccordo e aggiunto un paio di modifiche fondamentali al testo. Primo: una data certa entro cui smantellare prefabbricati e roulotte, così da assicurare un vera temporaneità dellinsediamento, perché «non si può restare a vita in un campo nomadi». Secondo: più garanzie sulla sicurezza delloperazione, che si traducono in una recinzione (tipo quella esistente nella vicina via Barzaghi), un unico ingresso per impedire continui arrivi, telecamere fisse sul muro di cinta del cimitero Maggiore, il presidio fisso - «non per due o tre settimane, per sempre» - da parte di un numero adeguato di agenti.
Esasperati da anni di convivenza forzata con una mega baraccopoli da oltre mille rom, dimenticati dalle istituzioni in quellangolo alla periferia nord-est di Milano e costretti a procurarsi il porto darmi per farsi giustizia da sé. E ieri finalmente ascoltati, anzi ricevuti a Palazzo Marino in sede commissione Politiche sociali. Due ore per spiegare a chi amministra la città cosa vuol dire vivere a due passi da una favelas, sopportare violenze di ogni tipo (dai rom) e le promesse (dei politici). La prima a parlare, a nome di tutti i residenti di via Triboniano, è Antonietta Spinella, vicepresidente del comitato «Lago dei Tigli», quel paradiso naturalistico ridotto nel giro di ventanni in una discarica a cielo aperto. «Il nostro quartiere non può ospitare un campo così vasto e numeroso. Noi residenti nutriamo forti dubbi sullefficacia di un patto con la gente che è lì accolta. In ogni caso, laccordo si firma solo dopo aver integrato il patto con le nostre proposte, quindi con lintesa tra i due contraenti: noi e i rom». Interviene Emilia Dragonetti, vicepresidente del Coordinamento comitati milanesi: «È in ballo il rispetto di una zona cimiteriale e per questo sacra. Bisognerà finirla con la musica ad alto volume, i furti nelle aziende adiacenti, il degrado senza limiti. Soprattutto, servono rigidi controlli patrimoniali sui capofamiglia, in Italia e in Romania. A volte i romeni che vivono nelle baracche di via Triboniano possiedono interi palazzi a casa loro, ma qui gestiscono il racket degli accampamenti. Si dovrà aiutare solo chi ha davvero bisogno». Quindi la denuncia più grave. «Ogni sera, alle unitici, passa unauto a raccogliere bambini e ragazzine per portarli a prostituirsi sulle strade della città. Vogliamo continuare a far finta di non vedere?». Infine lesplicita richiesta di una commissione stabile di verifica dell«esperimento Triboniano», costituita da rappresentanti di tutte le parti coinvolte. Con lidea di un «numero verde» per le emergenze, collegato a personale capace di prendere decisioni immediate.
«I cittadini sono fin troppo composti nella loro protesta» - riconosce Aldo Brandirali, presidente della commissione - «ora lavoreremo perché i loro timori siano smentiti dai fatti». Intanto si rinnova lo scontro tra maggioranza e opposizione, con il rimpallo delle responsabilità da destra a sinistra.
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