Trieste - Un matrimonio dal nostalgico sapore «titino» ci mancava a Trieste, dove le ferite della storia non riescono mai a rimarginarsi del tutto. Per i due novelli sposi, davanti al municipio, proprio in piazza Unità d’Italia, sono spuntati una bandiera della vecchia Jugoslavia di Tito, il tricolore con la stella rossa e cori dei partigiani che occuparono il capoluogo giuliano per 40 dannati giorni nel 1945. Nel «folcloristico» salto indietro nel tempo è spuntato, sembra per caso, il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini a fare gli auguri. La sua giunta di centrosinistra si è insediata da poco più di un mese.
La storiella delle nozze «titine» è saltata fuori ieri sulle colonne del Piccolo, il quotidiano di Trieste. Il 16 luglio si sposano Igor Pauletic e Larissa Issaeva. Lui è il presidente e voce solista del Coro partigiano Pinko Tomazic, intitolato ad un comunista sloveno fucilato sul Carso triestino durante il fascismo. Lei è una docente russa d’inglese, nata a Togliattigrad. A suggellare l’unione in Comune un vecchio amico dello sposo, il consigliere regionale della Sinistra arcobaleno, Igor Kocijancic, storico rappresentante locale di Rifondazione comunista. All’uscita dal municipio scoppia la festa nostalgica fra lo stupore dei passanti. Gli invitati coristi intonano i pezzi forti del loro repertorio: Vstajenje Primorske (Resurrezione del litorale), Trst je naš (Trieste è nostra) e Internacionalo (L’Internazionale).
Qualcuno si è portato una bandiera jugoslava con la stella rossa dei tempi di Tito, infoibatore di migliaia di italiani e la sventola alle spalle degli sposi facendosi immortalare. La foto va a finire su Facebook assieme alle altre del coro che ritraggono pugni chiusi alla fine di un’esibizione e manifestazioni «patriottiche» di giovani con la bustina dei partigiani titini che occuparono Trieste.
«Era una sorpresa dei miei amici. Sono presidente del coro partigiano da 30 anni. Non c’era alcuna intenzione provocatoria e tantomeno di fare una manifestazione politica» spiega a Il Giornale Pauletic, lo sposo. Peccato che il sindaco attratto dall’improvvisato coretto partigiano sia sceso dal suo ufficio in municipio. «Ha detto che aveva sentito cantare e ha voluto dare un’occhiata, a fare gli auguri - racconta lo sposo - non creiamo una tempesta in un bicchier d’acqua».
La foto del sindaco con gli sposi, però, è sparita da Facebook. Alessia Rosolen e Franco Bandelli, due consiglieri di Un’altra Trieste, lista civica di centro destra, hanno stigmatizzato l’episodio. «Invitiamo il sindaco a dissociarsi e a condannare l’episodio. L’esposizione nel cuore della nostra città di simboli che significano migliaia di morti e ferite ancora aperte non possono essere tollerate. Nessuno può pensare di derubricarlo come folclore».
Cosolini, contattato da Il Giornale, commenta così l’episodio delle nozze «titine»: «Quando sono sceso non c’erano né cori né bandiere, che avrei ritenuto per altro inopportune soprattutto per un matrimonio. Ho fatto solo gli auguri».
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