Il trionfo di mamma Clijsters sulle Sharapova del tennis

Per un volta la bellezza del tennis è tutta dentro. Perché Kim Clijsters è l’esatto contrario di un mondo che viaggia a palline e starlette: belga, dunque nordica e quindi un po’ tondetta, con quel sedere che tende a trasformarsi in bauletto e quel fisico troppo largo per qualsiasi vestitino da torneo. Però Kim ti fa innamorare appena sgrana i suoi occhioni, quando ti parla con quella voce gentile e quando sorride, tranquilla, aperta e ti spiega che in fondo il mondo è molto più semplice di quanto te l’aspetti: «Successo e fama sono una gran cosa, ma mai come famiglia e salute». Così ecco: la vittoria di Kim Clijsters agli US Open contro la danese Wozniacki - 7-5, 6-3 all’ennesima bellina fuori (per carità, in futuro magari anche dentro) del tennis mondiale - è la rivincita contro tutte le Sharapove delle racchette. E, diciamolo, anche non.
Una vittoria che fa storia: gli esperti di statistica da ieri notte snocciolano i dati di un trionfo mai così inatteso (dai bookmakers era data a 25 a inizio torneo). Ma su tutti i numeri risuona una parola, «mamma», che racconta come sia strana la vita, di come dietro a una decisione di tutti i giorni ci sia sempre l’angolo famoso di Maurizio Costanzo. Perché Kim due anni fa aveva detto basta, stanca di infortuni - l’anca e quella schiena di vetro ereditata dalla madre - e di quel mondo che aveva cominciato a frequentare troppo piccola. Kim infatti era lì a picchiare palline da quando si era fidanzata sui banchi della scuola (tennis) con l’australiano Leyton Hewitt ed è rimasta nel circuito anche quando lui la lasciò alla vigilia delle nozze per sposarsi poi con un’attrice modello - guarda un po’ - Sharapova. Poi un giorno è arrivato quel momento, basta appunto, perché il tennis non era più la sua vita e perché le linee di un campo non potevano più contenere la sua voglia di raggiungere un sogno. Già, proprio quello, la famiglia.
Infatti la Clijsters aveva conosciuto nel frattempo un giocatore di basket - Bryan Lynch - e a Wimbledon preferì il matrimonio, 14 luglio 2007, anche lì naturalmente in bianco, come vogliono le regole. Il resto è vita, una figlia nata a febbraio del 2008, che ieri correva divertita per l’Artur Ashe Stadium chiedendosi cosa ci facesse tutta quella gente lì ad applaudire mamma. Perché Kim quest’anno è tornata a giocare a tennis anche se non è mai tornata una tennista.
Adesso, a 26 anni, doveva fare solo qualche esibizione per divertirsi, poi proprio a Wimbledon - nel match organizzato per inaugurare il tetto del campo centrale in cui aveva come compagno Henman e come avversari la coppia Agassi-Graf - ha riscoperto l’amore, quello con la «a» minuscola s’intende. Insomma: due tornei per vedere come va e poi l’invito agli UsOpen, lei che è stata numero uno al mondo senza aver vinto uno Slam e che quando l’ha finalmente vinto - proprio a New York nel 2005 - ha cominciato a chiedersi se ne valeva la pena. E quindi ecco: Kim Clijsters, dicono gli statistici, è la prima «wild card» ad aggiudicarsi gli UsOpen ma soprattutto la seconda mamma dopo Evonne Goolangong (Wimbledon 1980) a vincere una prova del Grande Slam.

Ma nessun dato potrà spiegare quello sguardo mentre Jada Elly sosteneva il trofeo da mettere in cameretta, quella felicità negli occhi di mamma Kim che anticipava solo di un attimo le sue parole: «Ancora non posso credere che sia successo. Adesso però torno a casa». E soprattutto nessuna statistica può raccontare quella bellezza dentro che rende il tennis più umano: una bellezza che nessuna Sharapova al mondo potrà mai avere.

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