Troppi bambini in istituto: assistenti sociali in rivolta

Gli operatori: «Non è colpa nostra se sono stati tolti 1706 minori alle famiglie, occorre più prevenzione» Lunedì protesta in largo Treves

«Millesettecentosei minori tolti alle famiglie e mandati in comunità sono troppi. Ma la colpa non è solo degli assistenti sociali». A parlare è Roberto Cilia, vice presidente dell'ordine regionale della categoria. Negli ultimi cinque anni il numero dei ragazzi affidati al Comune è progressivamente aumentato - nel 2002 erano 4.320, tre anni dopo 4.575 -, al contrario quello di chi dovrebbe vegliare su di loro è continuamente diminuito, fino a raggiungere gli attuali cento professionisti. Ognuno di loro deve seguire, in media, 48 bambini. E questo nonostante la «disponibilità di risorse finanziarie»: nel 2007 il governo ha stanziato 3,5 milioni di euro, che si aggiungono ai fondi normalmente erogati. Per il nuovo dirigente dell'ufficio Servizi sociali Carmela Madaffari, la colpa è di alcuni assistenti sociali milanesi, che mancano della necessaria obiettività e preferiscono l'istituto alla procedura dell'affido. Per colmare la lacuna ha organizzato «corsi di imparzialità».
Ma i diretti interessati non ci stanno. «Non abbiamo bisogno di tornare a scuola - continua Cilia -, facciamo il nostro dovere rispettando le norme deontologiche. Se così non fosse sarebbe l'ordine a intervenire». La protesta sarà tradotta in una manifestazione formale, lunedì prossimo, dalle 10 alle 12, in largo Treves, proprio di fronte all'ufficio del dirigente. Il problema, secondo gli addetti ai lavori, sta nei numeri. Che crescono in modo preoccupante. Sono 2.774 i ragazzi che aspettano di essere presi in carico dal Comune, di questi quasi mille sono stati segnalati dal Tribunale dei minori perché esposti a situazioni di particolare rischio. Inoltre, quasi la metà dei giovani già in carico ai servizi sociali ha fra 12 e 18 anni, e questo rende l'approccio più difficile. Gli stessi magistrati sono costretti al superlavoro, con oltre quattromila provvedimenti adottati nel corso del 2005, molti dei quali conclusi con la restrizione o la sospensione della potestà dei genitori: quasi duemila minori sono finiti nelle case famiglia, 323 sono assistiti a domicilio, 218 sono stati affidati ad altre persone. «È un errore pensare di affrontare l'emergenza incrementando solo gli affidi - conclude Cilia -, ci sono casi in cui questa procedura non è consigliabile. Occorrono interventi sul fronte della prevenzione, del rafforzamento delle reti sociali, della predisposizione di interventi territoriali mirati. Gli stessi assistenti sociali potrebbero collaborare a costruire una mappa dell'emergenza». Nel frattempo, c'è chi consiglia di fare un passo indietro e riattivare il centro per le famiglie multiproblematiche di via Ippocrate, chiuso di recente. «Era un servizio di eccellenza unico in Italia - spiega Marilena Adamo, consigliere dei Ds -.

Le famiglie venivano seguite nel loro insieme, attraverso metodi sperimentali, come l'uso di videocamere per guardare, discutere e quindi correggere i propri comportamenti. Il centro è chiuso, ma arredi e macchinari sono ancora lì».

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