Troppo disinteresse sulla battaglia dellItalia allOnu
1 Agosto 2005 - 00:00Robi Ronza
Al vedere quanto poco ci si interessi in Italia all'esito della battaglia in corso all'Onu per la riforma del Consiglio di Sicurezza si è tentati di giungere a meste conclusioni sul valore della democrazia.
Essere o non essere nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è cosa probabilmente più importante che essere o non essere, tanto per fare un esempio, nel girone finale dei mondiali di calcio. Vedere perciò che l'interesse suscitato dalla prima questione non è nemmeno un centesimo di quello suscitato dalla seconda è motivo di qualche sconforto.
Non è di aiuto nemmeno il vuoto di notizie dell'estate. Non c'è telegiornale che rinunci a qualche secondo di carrellata sulle auto in colonna sull'autostrada, o sui turisti che si rinfrescano da par loro nelle fontane di Roma, per darci qualche aggiornamento in proposito.
Si deve dunque rendere merito alla diplomazia e ai governi italiani, che in proposito da circa dieci anni in assoluta solitudine giocano con ardore una loro partita al Palazzo di Vetro. La vicenda è giunta adesso a una fase cruciale. Riunitesi per questo in un gruppo chiamato G4, Germania, Giappone, India e Brasile stanno puntando a ottenere il rango di grandi potenze sin qui riservato ai vincitori della Seconda guerra mondiale (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia in quanto erede dell'Urss), ovvero un seggio permanente con relativo diritto di veto. Fino a oggi tuttavia i G4 non sembrano disporre all'Assemblea Generale dei 128 voti necessari per far passare tale modifica statutaria. Inoltre la Cina è scesa apertamente in campo contro il Giappone rievocando i fantasmi delle sue responsabilità di grande aggressore durante la Seconda guerra mondiale. Contro il G4 è apertamente schierato un gruppo di medie potenze capeggiate dall'Italia. Non avendo infatti potuto essere l'ultimo dei primi il nostro Paese si è buttato a fare il primo dei secondi. Punta perciò a una riforma che implichi non l'allargamento del numero dei membri permanenti, ma a formule che ruotano attorno alla formazione di un rango intermedio costruito da Paesi chiamati con frequenza a partecipare come membri non permanenti ai lavori del Consiglio. Si parla anche dell'idea di dare un seggio permanente all'Europa, ma è una prospettiva molto ardua poiché presuppone la rinuncia di Francia e Gran Bretagna ai loro seggi permanenti. È probabile che entro l'anno la questione si risolva o comunque giunga a una svolta, e in questo senso l'imminente sessione autunnale dell'Assemblea Generale assume particolare importanza.
La questione è di rilievo non solo per quanto attiene al Consiglio di Sicurezza in quanto tale, ma anche con riguardo alla riforma dell'Onu in genere. Per poter servire ancora a qualcosa l'Organizzazione deve essere radicalmente ripensata.
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