Lo sentono, forse lo sentono, no che non lo sentono. Non pervenuto. Giancarlo Tulliani è il convitato di pietra dellinchiesta romana sul pasticcio di Montecarlo. Unindagine lenta che avanza faticosamente dietro le rivelazioni dei quotidiani. Il Giornale pubblica lintervista allimmobiliarista Filippo Apolloni Ghetti che nel 2002 stimò lappartamento di boulevard Princesse Charlotte 1,2-1,3 milioni di euro? I giudici della capitale sono ancora incagliati nelle carte di Montecarlo. Sì, sono arrivate, ma sono anche incomplete. Le autorità dei due Paesi non si sono intese e allora tocca richiedere il bis.
Certo, è paradossale che a due mesi dallesplosione dello scandalo, il cognato non sia ancora stato sentito. Ci sono almeno tre se non quattro passaggi in questo vicenda che lasciano a bocca aperta losservatore. Anzitutto - siamo nel 2008 - Tulliani viene a sapere, non si sa bene come, che la casa di Montecarlo è in vendita. An, che lha ereditata quasi dieci anni prima dalla contessa Colleoni, se ne vuole disfare. Tulliani, più vigile di una sentinella, conosce la notizia in tempo reale. Ma questo è solo lincipit: il cognato si prodiga segnalando la disponibilità di una società off shore, la Printemps. La Printemps vorrebbe comprare. Come mai Tulliani si sbraccia per mettere in evidenza la disponibilità della Printemps? Mistero. Poi curiosamente, e siamo alla coincidenza delle coincidenze, finisce con lessere lui linquilino dellappartamento ceduto per una miseria, 300mila euro, alla Printemps. Ma Tulliani paga il canone o è anche qualcosa di più? Insomma, non è per caso lui il dominus o uno dei padroni, delle società off shore, la Printemps ma anche la Timara, che hanno gestito e gestiscono lappartamento?
Il governo di Santa Lucia, con tanto di imbarazzata conferenza stampa, conferma: è lui il padrone. Linteressato smentisce, un avvocato, Renato Ellero, saltato fuori con tempismo più che sospetto, sostiene che la proprietà è riconducibile ad un suo facoltoso cliente. Che non è Tulliani ma è misterioso come luomo nero.
Dubbi. Sospetti. Tante, troppe coincidenze. Gli avvocati del cognato, Carlo e Adriano Izzo, mettono le mani avanti: «Il signor Tulliani non ha mai rilasciato alcuna intervista in merito allappartamento di Montecarlo. Pertanto smentisce tutte le affermazioni a lui attribuite». E la Procura che fa? Per ora si avvita ancora sulla domanda cardine: il prezzo della vendita fu congruo? Siamo ancora alla rogatoria con Montecarlo e alla rogatoria bis. E agli interrogatori degli amministratori del patrimonio di An. Certo, lindagine deve prima accertare se la truffa sia stata effettivamente consumata oppure no. Insomma, se al momento della vendita lappartamento fu sottostimato. Trecentomila euro paiono, a buon senso, una cifra ridicola sul mercato dorato di Montecarlo dove il metro quadro è oro. Il senatore Antonino Caruso, oggi con il Pdl ma allora con Fini, sostiene di aver ricevuto, non nel 2008 ma addirittura sette anni prima nel 2001, una sorta di preofferta in franchi pari a settecentocinquantamila euro. Più, molto più di un milione di oggi anche se meno del milione e duecentomila euro che Apolloni Ghetti prospettò a Fini, un Fini che teneva fra le mani la piantina dellappartamento, nel lontano 2002. Quindi è perfino banale dover precisare che nel 2008, quando la casa passò di mano, il valore fosse ulteriormente cresciuto. Anche se il quartierino aveva bisogno di una robusta ristrutturazione.
Certo, sulle cifre ci può essere una qualche oscillazione, ma fino a un certo punto. In via della Scrofa, al quartier generale di An, la Gdf ha trovato alcuni documenti che indicano in 270 mila euro il valore dellimmobile. Ma le carte sono scritte per il fisco e devono essere lette in questa luce; chi le ha redatte cercava di assottigliare la basa imponibile di An e delle sue proprietà. Caruso, in ogni caso, rivede al rialzo quei numeri portando la «quotazione», allegata alla dichiarazione di successione, da 270 a 380 mila euro circa. Fini, invece, si ancora a quota 230 mila e spiega nel video che il prezzo di 300 mila euro «dai miei uffici fu considerato adeguato perché superava del 30 per cento il valore stimato». Un ragionamento che Caruso, interpellato dal Giornale, liquida senza appello: «Forse Fini utilizza una vecchia perizia del 99, ma fissare lasticella a quota 230 mila euro è mettersi fuori dalla realtà.
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