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La Turchia affronta la corsa a ostacoli verso l’Ue

Oggi atteso un voto indicativo dal Parlamento Europeo

Alessandro M. Caprettini

da Roma

L’appuntamento formale è per lunedì prossimo a Lussemburgo, dove il Consiglio Affari Generali della Ue aprirà formalmente le trattative per l’ingresso di Ankara nell’Europa comunitaria, come deciso dal Consiglio dei capi di Stato e di governo a Bruxelles il 17 dicembre del 2004. Ma dietro le quinte le acque sono già più che agitate. Quest’oggi un nuovo dibattito (con voto finale) nell’aula dell’Europarlamento di Strasburgo servirà a misurare la temperatura. E ancor più domani a Bruxelles la riunione del Coreper (la conferenza degli ambasciatori permanenti presso la Ue) potrebbe squarciare ulteriormente i veli di un dibattito che resta molto complesso.
E infatti resiste e si amplia il fronte del rifiuto. L’Austria ancora non è convinta. Il governo di Vienna chiede che nel “quadro negoziale” che o dovrà essere minuziosamente seguito dal commissario all’allargamento - il finlandese Olli Rehn - nelle sue trattative con Ankara, venga introdotta, nero su bianco, l’ipotesi che in caso di fallimento, si passi direttamente all’ipotesi di “partenariato privilegiato”. Come dire che gli austriaci già prefigurano il no. Nonostante gli altri 24 Paesi Ue - Cipro compresa - abbiano insistito a lungo per non creare ostacoli al via, Vienna insiste. Non cede.
Difficile che domani gli austriaci rinuncino, così a Bruxelles si dà quasi per scontato che ogni cosa dovrà essere riesaminata direttamente dai ministri degli Esteri a Lussemburgo, lunedì mattina. Prima del via ai colloqui con Erdogan ed i suoi. E non è solo l’Austria a storcere il naso. Giusto ieri, mentre il cancelliere tedesco Schröder a Strasburgo esortava gli europei ad accettare l’ingresso di Ankara «visto che una Turchia economicamente dinamica e socialmente moderna porta con sé un aumento enorme della stabilità e della sicurezza per tutti noi», il premier danese Anders Fogh Rasmussen andava invece dicendo che «è necessario discutere in modo aperto e franco» del problema turco. «Ci sono dei limiti - aggiungeva - a quanto grande la Ue può diventare e quanto velocemente lo possa fare se vogliamo davvero che funzioni ancora...».
Austria e Danimarca. Ma non è finita qui. In Germania le sinistre hanno da tempo detto «sì», ma la Cdu-Csu della Merkel, ancora in lizza per la cancelleria, ha da tempo fatto la sua scelta per il partenariato. Anche Francia e Olanda non hanno fatto mistero di non gradire l’allargamento, mentre Grecia e Cipro - pur formalmente favorevoli - non disdegnano certo un fallimento. Compito difficile per Rehn, considerato tra l’altro che proprio nel suo Paese un recente sondaggio dà il no (47%) in largo vantaggio ai favorevoli ad Ankara (36%). Risultato che in qualche modo conferma l’ultima valutazione di Eurobarometro, per il quale il 52% dei cittadini europei non vuole l’ingresso dei turchi nella comunità.
“Umori” nei 25 Paesi a parte, il nocciolo della questione resta comunque l’osservanza delle regole da parte di Erdogan e del suo governo. Molti passi avanti - di recente - sono stati fatti in economia. Pochi invece sul tema giustizia e meno ancora sulla spinosissima questione cipriota. Il Governo turco non ha ancora riconosciuto quello di Nicosia. Fa sapere che lo farà nel corso della trattativa, prima dell’ingresso formale nella famiglia europea. Ma intanto continua a tenere chiusi i propri scali per persone e merci provenienti dalla parte greca dell’isola, divisa in due dall’invasione turca del ’74. Giusto ieri il vice-presidente e commissario ai Trasporti Jacques Barrot ha tenuto a chiarire che fino a quando «porti ed aeroporti turchi non saranno aperti al traffico proveniente da Cipro, lui non darà il proprio consenso all’apertura del negoziato per quel che concerne i capitoli che lo riguardano».
La situazione insomma resta piuttosto complicata. Scontato o quasi che lunedì prendano il via le trattative - che comunque non dovrebbero permettere l’ingresso della Turchia prima del 2012 sempre che non emergano ostacoli insuperabili - ma è ancora difficile prevedere cosa potrà accadere nel corso del dialogo.

Anche perché proprio ad Ankara negli ultimi mesi va facendosi più forte il partito di chi non intende accettare supinamente le condizioni che saranno emanate da Bruxelles e messe nero su bianco nel cosiddetto “quadro negoziale”, ovvero le regole su cui condurre la difficile discussione.

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