Turchia esasperata dai troppi esami dell’Unione europea

Livio Caputo

Sono già molti gli scrittori di varie nazionalità che hanno immaginato una Terza guerra mondiale, ma finora nessuno aveva influito sul dibattito politico come il giovane romanziere turco Burak Turna: proprio alla vigilia dell’avvio dei negoziati per l’adesione del suo Paese alla Ue, è uscito con un libro che sembra fatto apposta per alimentare i già consistenti dubbi degli europei e rendere il dibattito «Turchia sì, Turchia no» ancora più velenoso.
Eccone, in sintesi, la trama. Dopo cinque anni di acrimoniose trattative, nel 2010 una Unione dominata da governi fascisti e xenofobi respinge definitivamente la domanda del governo di Ankara di diventarne il 28° membro e in Germania, Francia e Austria si scatena una specie di caccia al musulmano. Per reazione, la Turchia si allea con la Russia e - con l’appoggio esterno anche della Cina - invade l’Europa e la riduce in ginocchio. Gli Stati Uniti - altra bestia nera dell’autore - stanno a guardare. Sulle rovine della vecchia Ue che voleva restare un «club cristiano» se ne affaccia una nuova, spostata a Est, e basata sulla riconciliazione tra l’Islam e il mondo ortodosso.
Il fatto preoccupante non è che un ex giornalista trentenne e assetato di notorietà si immagini una vicenda del genere, con tanto di commandos turchi che si impadroniscono di Berlino in una specie di rivincita di Lepanto e Vienna, ma che in due mesi abbia venduto in Turchia 130.000 copie e si stia avvicinando al vertice della classifica dei libri più venduti. La International Herald Tribune - che ha dedicato a questa storia un lungo articolo di prima pagina e ha messo anche in rete ampi stralci del romanzo - racconta che migliaia di giovani accorrono alle conferenze di Turna nelle principali città del Paese e che, sollecitati a dire se sono favorevoli all’ingresso della Turchia nell’Unione, non alzano mai la mano. In una intervista con il giornale, lo scrittore sostiene di avere interpretato con questo romanzo lo stato d’animo del popolo turco, esasperato per le continue richieste di riforme di Bruxelles e per l’atteggiamento negativo dell’opinione pubblica europea, e di volere contribuire ad alimentare questi sentimenti affinché il governo si decida a cambiare politica: la sua proposta è di limitare i rapporti con l’Unione Europea a un accordo di partenariato (paradossalmente, la stessa soluzione proposta dalla turcofoba Austria e cara anche ad Angela Merkel) e di stabilire invece nuovi legami politici con Mosca, Nuova Dehli e Pechino, cioè di guardare a Oriente anziché a Occidente. Con l’Europa - sostiene - esiste una incompatibilità di fondo, suffragata da mille anni di storia; in sostanza, è persuaso che il «conflitto di civiltà» esista davvero, e non riguardi solo l’Islam fondamentalista.
Sarebbe, naturalmente, arbitrario esagerare l’impatto politico dell’opera di Turna: se entusiasma i suoi innumerevoli fans, per ora lascia il governo del premier Erdogan del tutto indifferente. Per ammissione dello stesso autore, lo scenario di un attacco della Turchia alla Ue tra cinque anni è di pura fantasia e al massimo si arriverà, in caso di rottura dei negoziati, a una deriva antieuropea che indurrà Ankara a cercare altre sponde per la sua politica estera. Ma le tesi dello scrittore trovano una indiretta conferma nel costante declino della percentuale di cittadini turchi favorevoli a un ingresso nell’Unione: un declino, stando agli ultimi sondaggi, accentuato dalla atmosfera di crisi che ha accompagnato, lunedì 3 ottobre, la luce verde dell’Europa all’apertura delle trattative. In altre parole quando Turna dice «I turchi sono un popolo fiero, che non è disposto a mendicare un posto nella Ue», non si inventa nulla.
Nel successo di questo volume, soprattutto al di fuori di quella élite politica ed economica che ha puntato tutto sul successo dei negoziati, c’è un campanello d’allarme per la Ue: l'approccio diffidente e attendista (per non dire ostruzionistico) dell’Europa verso la trattativa può diventare un boomerang. La Turchia non è né la Croazia, né la Romania, né la Bulgaria, che all’ingresso nell’Unione non hanno alternative e perciò sono costrette, per amore o per forza, a sottostare alle richieste di Bruxelles.

Durante un negoziato con la Turchia programmato su dieci-quindici anni si rischia invece che le idee di Turna conquistino la maggioranza e di trasformare un Paese amico in un Paese, se non proprio incline a farci la guerra, perlomeno ostile.

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