Un «tutti contro tutti» che non giova al nostro Paese

In queste ultime settimane sono soprattutto le notizie provenienti dall’estero a tenere banco. E non potrebbe essere diversamente, considerata la portata degli eventi di cui siamo, nostro malgrado, testimoni. Eppure anche la situazione interna del nostro Paese meriterebbe una riflessione profonda e un’attenzione diversa, dalla mera e sterile cronistoria delle quotidiane bagarre, tra maggioranza e opposizione. È inutile negarlo. La politica pare essersi ridotta a un mero scontro tra le parti, a un «muro contro muro» quotidiano dove trionfano solo i «gossip», i misfatti, veri o presunti, di questo o quel personaggio, le accuse reciproche dai toni talvolta fin troppo coloriti, il pettegolezzo fine a se stesso.
Questo continuo accapigliarsi è una perdita di tempo e, soprattutto, una delle principali cause del progressivo allontanamento dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Dove sono finite le discussioni sulle reali priorità del Paese? Dov’è finito il confronto, rigorosamente costruttivo, tra i diversi programmi di cui i partiti dovrebbero - e sottolineo dovrebbero - essere la prima e precipua espressione? E dove sono finite le proposte, le idee, i progetti per rilanciare l’economia, il lavoro, la sanità, le infrastrutture?
Gli italiani chiedono risposte concrete a problemi concreti. Far ripartire il «motore Italia» è possibile, ma per riuscirci è necessario, anzi doveroso, che tutte le parti aprano un dibattito costruttivo e lavorino insieme per il bene del Paese. Non mancano, è vero, i politici e gli amministratori capaci e volenterosi. Eppure queste (tante) storie di ordinaria buona amministrazione stentano a emergere in un contesto in cui sembrano trovare spazio soltanto gli urlatori e i disturbatori.
Siamo certi che sia questa l’Italia che vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli, ai nostri nipoti? Ne dubito fortemente. Per scongiurare questo rischio è però necessaria un’inversione di rotta, una presa di coscienza e di responsabilità da parte di tutte le forze politiche.
Personalmente, nonostante tutto, non ho ancora perso la speranza che alla fine possa essere il buon senso a trionfare.

Né, da buon «vecchio» liberale, ho perso la speranza che il confronto tra le parti possa tornare a svilupparsi sulla base del rispetto reciproco - tra avversari e non tra nemici - e sulla consapevolezza che non è ringhiandosi contro che si risolvono le criticità del Paese.
*Direttore di «Dossier»

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