Tutti gli errori del libro liturgico

Spedite alle diocesi le «pecette» adesive per nascondere le sviste contenute nelle Letture

da Roma

Sei pagine formato A4 piene di minuscoli adesivi con l’errata corrige da appiccicare sulla pagina corrispondente, per mascherare una svista riguardante la «Prima Lettera di San Paolo ai Romani» stanno per essere distribuite ai sacerdoti italiani che negli ultimi giorni hanno già acquistato il nuovo Lezionario, il libro liturgico contenente le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento che vengono annunciate durante le messe. Qualche refuso tipografico è più che comprensibile, per non dire fisiologico, trattandosi di un’opera monumentale in tre volumi per la bellezza di 1.620 pagine complessive. Ma che le «pecette» autoadesive siano state preparate da apporre al libro che contiene la parola di Dio, fa comunque un certo effetto.
Il nuovo Lezionario della Conferenza episcopale italiana era stato presentato qualche settimana fa: frutto di un lungo e accurato lavoro di traduzione dai testi originali, ha portato piccole e grandi novità su molti brani della Scrittura, la cui versione italiana è ora molto più aderente al testo antico. Sono stati sostituiti termini desueti e incomprensibili, ed è significativo, ad esempio, il cambiamento del «Padre Nostro» nel testo evangelico (dove il «non ci indurre in tentazione» è stato sostituito da «non abbandonarci alla tentazione», anche se nella preghiera per il momento non cambia nulla). Ma galeotto fu il «copia incolla» al computer, che ha portato allo svarione sulla «prima lettera» di San Paolo ai Romani: l’errore sta in quel «prima», dato che l’Apostolo delle Genti, ai Romani, di lettere ne scrisse soltanto una, e dunque non essendocene una seconda o una terza, non ha senso in questo caso definire «prima» l’unica esistente. Evidentemente l’intestazione del brano è sfuggita al correttore di bozze.
Gli altri errori presenti nei tre volumi del Lezionario - in tutto undici - sono refusi di minore portata, legati per lo più alla punteggiatura. Lo svarione della «prima lettera» non è però passato inosservato agli acquirenti. All’Ufficio liturgico della Cei sono infatti arrivate proteste. In alcuni casi, nelle riunioni del clero di qualche diocesi, qualcuno ha persino consigliato di non acquistare i volumi in attesa di un’edizione corretta.
La Conferenza episcopale italiana è corsa ai ripari, con una lettera di don Mimmo Falco, direttore dell’Ufficio liturgico, che due giorni fa ha spedito ai responsabili degli omonimi uffici di tutte le diocesi italiane la lettera di scuse accompagnata dagli autoadesivi per correggere gli errori. Nella missiva si fa presente che alcuni piccoli refusi sono fisiologici. Trattandosi di un numero così consistente di pagine, il loro numero non è nemmeno elevato.


Il problema di quella «prima lettera» ai Romani non si poteva però risolvere in altro modo che con l’adeguata «pecetta» adesiva in grado di cancellare quel «prima»: impossibile infatti mandare al macero un altissimo numero di volumi già stampati (a prezzo calmierato e relativamente basso di 57 euro l’uno), a causa di una sola parola sbagliata.

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