«Tutto Villa», due album per ricordare il Reuccio

Con quella voce tonante (e meno male che l’aria malsana di una cartiera gli ha danneggiato i polmoni!) ha fatto la storia della canzone all’italiana. Era piccoletto, tondo, vestito modestamente (certo non un macho alla Achille Togliani) - ma nel 1951, ovunque si esibisse, le strade si bloccavano, le ragazze impazzivano e gli portavano mazzi di fiori e ceste di frutta. Era un’altra Italia quella che adorava Claudio Villa, gran cantante, gran provocatore che non aveva paura di niente e di nessuno.
Era, appunto, il simbolo di un’altra epoca; l’idolo di quelli che lo portarono al trionfo a Sanremo 1955 con Buongiorno tristezza, e il nemico di coloro che già prestavano orecchio al boogie woogie che apriva la strada al rock and roll. Villa incise nel ’47 Serenatella e da allora non mollò più la presa del successo. Resistette - e convisse seppur tumultuosamente - al beat (nel ’66 vinse Canzonissima con Granada). Nel suo repertorio ci sono Luna rossa, Buongiorno tristezza, Mattinata di Leoncavallo, Chitarra romana, Fiorin Fiorello, Un amore così grande e altre centinaia di brani. Quelli citati (insieme a Mamma, Reginella campagnola, Ave Maria, Tipitipitipso, la più moderna Un’ora sola ti vorrei e pezzi dal vivo come Se io fossi ricco e Violino tzigano) sono inseriti nella doppia antologia Tutto Villa: storia di una voce, pubblicata a quarant’anni da quando il cantante, nel 1969, festeggiò in Rai i primi 25 anni di attività con lo show Il divo Claudio, presentato da Alberto Lupo, Renzo Arbore e Loretta Goggi. Molti di questi brani sono stati diretti e arrangiati dal maestro Giancarlo Chiaramello che ricorda: «Incidere con lui era un piacere. Si entrava in studio e il suo canto possente riempiva l’aria; per incidere un lp bastavano poche ore». E lo dice uno che ha lavorato con tutti, passando da Fossati a Bocelli. «Con alcuni artisti bisogna reincidere un brano per giorni e giorni», chiosa il maestro. Ma queste non sono cose da Reuccio, cantante che racchiudeva in sé talento e follia, tradizione e animo rivoluzionario, cattivo gusto e cultura popolare. Tanti lo hanno tradito, altrettanti lo hanno amato alla follia, altri lo hanno contestato, ma lui non s’è mai tirato indietro.

Durante il Cantagiro del ’68 alcuni contestatori (nonostante la sua fede comunista) gli tiravano sassi e uova marce; spesso lui scendeva dall’auto e faceva a botte coi ragazzi che lo insultavano. «Se mi costringono a battagliare - disse allora - ho la forza di cento tori».

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