Ucciso per un complimento a una ragazza

Stefano Vladovich

Muore per un apprezzamento «pesante» nei confronti di una ragazza. Troppo per il fidanzato di una ventenne di Nettuno, suo fratello e un amico, decisi a vendicare col sangue l’affronto subito. Un manovale albanese ucciso a coltellate, un connazionale in fin di vita e loro, due fratelli calabresi di 20 e 25 anni fermati nella notte dai carabinieri con l’accusa di omicidio di primo grado. Finisce in tragedia una lite scoppiata per una sciocchezza alla periferia della cittadina portuale. Accade tutto in pochi minuti, passate le tre del mattino di ieri, in una viuzza buia in località Sandalo, IV Stradone. Michela, chiamiamola così, è appena scesa dall’auto del fidanzatino, un ventenne di origini calabresi, dopo avere trascorso la serata in un pub della zona. L’auto del ragazzo è ferma a pochi metri dal portone di casa, all'angolo con la via Nettunense in direzione Aprilia. Il suo destino s’incrocia con quello di un trentenne straniero su una Volkswagen Golf seguito da un coetaneo a bordo di una vecchia Y10. La vittima la intravede, rallenta, suona il clacson per attirare la sua attenzione, abbassa il vetro del finestrino. «Ciao, fermati un attimo. Sei bellissima». Michela accelera il passo ma il motore acceso di quella macchina la spaventa sempre più. Torna indietro, chiede aiuto, urla. Quello che succederà dopo lo ricostruiranno i carabinieri del nucleo operativo, intervenuti sul posto assieme alle radiomobili in seguito a una telefonata al 112. «Gli albanesi sono stati circondati da un gruppetto di italiani, almeno tre persone - spiega il capitano Florimondo Forleo, comandante della Compagnia di Anzio - e, in breve tempo, è scoppiata una rissa. Dalle mani, purtroppo, sono passati ai coltelli e la vicenda è finita drammaticamente». Quando arrivano gli inquirenti la scena che si presenta ai loro occhi è raccapricciante. «Sembrava un regolamento di conti di stampo mafioso» commentano, a caldo, quando scoprono il cadavere di un uomo sdraiato sul sedile anteriore della Golf, completamente immerso di sangue. L’amico agonizzante sull’utilitaria parcheggiata a poca distanza. Arriva un’ambulanza: trasportato immediatamente agli Ospedali Riuniti di Anzio, l’uomo viene trasferito nel reparto di rianimazione. I medici fanno l’impossibile per salvargli la vita. «Le sue condizioni sono gravi - precisano i sanitari - ma non disperate. Ha ferite da taglio su tutto il corpo che hanno leso anche organi vitali. La prognosi, per ora è riservata ma non escludiamo si possa sciogliere nei prossimi giorni». A questo punto scattano le indagini. La prima ipotesi è una questione in sospeso fra malavitosi. I due albanesi, però, sono incensurati. «Fanno i manovali nei cantieri del litorale - continua il capitano dei carabinieri Forleo -, quindi abbiamo puntato su altre piste». Un episodio d’intolleranza finito in tragedia? Negativo. Alle indagini partecipano anche gli agenti del vicino commissariato e, una volta tanto, il coordinamento fra le forze dell’ordine è determinante. Un testimone oculare, difatti, racconta ai poliziotti di aver visto un’auto allontanarsi nella notte dopo la scazzottata. La descrizione è precisa: polizia e carabinieri setacciano palmo a palmo il quartiere. La caccia è iniziata e terminerà solo all’alba nell’appartamento in cui vivono i principali indiziati, due italiani che lavorano in un cantiere di Nettuno. Il minore è fidanzato con una giovane che vive, guarda caso, di fronte al luogo dell’omicidio. È fatta. Gli elementi per emettere il fermo giudiziario ci sono tutti. Gli interrogatori di fronte al magistrato della Procura di Velletri vanno avanti per ore: nessun alibi per l’ora del delitto. E i due cadono in mille contraddizioni. A mezzogiorno, secondo indiscrezioni, uno dei due confessa. «Siamo stati noi.

Volevamo dargli solo una lezione, non ucciderli». Ma l’inchiesta prosegue. Secondo il racconto del testimone chiave mancherebbe un terzo uomo, un altro personaggio coinvolto nel drammatico pestaggio. Gli indiziati, però, non parlano.

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