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Ucraina, la pasionaria Timoshenko si prende la rivincita su Yushcenko

Scontata vittoria elettorale del filo-russo Yanukovich. Débâcle del leader della rivoluzione arancione, superato anche dalla ex premier che aveva scaricato

Gabriele Villa

nostro inviato a Kiev

Nella lunga notte elettorale dell’Ucraina vince, secondo copione, Viktor Yanukovic (33,3%), cacciato con ignominia dalla stanze del potere 14 mesi fa dalla gioiosa rivoluzione arancione. Ma - ed è senza dubbio il dato più significativo - si riaccende la stella di Yulia Timoshenko e del suo nuovo partito, il «Cuore rosso», che guadagna, secondo gli exit poll, un sorprendente 22,7 per cento dei consensi. È lei, la chiacchieratissima zarina, che ancora una detterà legge nella formazione della nuova coalizione che guiderà la Rada, il Parlamento bicamerale ucraino.
Una vera e propria beffa per Viktor Yushcenko la vittoria dell’ex amica e oggi rivale, Yulia, che in piazza Indipendenza, e tra le tende di corso Kresciatic, aveva condiviso con lui un anno e mezzo fa la vittoria del popolo arancione. Accreditato soltanto di un 13,5%, il partito del presidente, «Nostra Ucraina», d’ora in poi per dar corpo a un qualsiasi programma di lavoro avrà bisogno come dell’ossigeno della collaborazione di tutte quelle forze che aveva severamente criticato fino all’altro ieri. A cominciare dai socialisti di Moroz (5,4%), dei comunisti di Simonenko (3,5%), e persino del partito progressista di Natalya Vitrenko, che sembra aver scavalcato agevolmente la soglia del 3%.
In questo scenario emergono di fatto tre donne. Tre volti, completamente differenti, di un Paese che sembra sempre più diffidare dei maschi. In principio era soltanto lei, Yulia Timoshenko, l’icona della riscossa femminista ucraina. Affascinante quanto chiacchierata, pasionaria, 45 anni, mamma già a venti, laureata con il massimo dei voti in Scienze economiche. Tappe bruciate con il ritmo vertiginoso di chi sa dove vuole arrivare. Il matrimonio con Olexandr, magnate del petrolio (da cui, oltre alla figlia, pare abbia avuto una dote di dieci miliardi di dollari) finito in carcere per contrabbando e falso in bilancio. Poi quello scivolone di quattro anni fa, quando lei stessa finì in cella per una storia di bilanci e di bustarelle, quando era responsabile dell’Uesu, il sistema energetico unico ucraino. Una congiura degli «odiati russi», si difende lei. Un’altalena di fango e onori da cui l’affascinante signora, dalla diafana bellezza, continua a salire e a scendere senza troppi traumi. A testa alta, si potrebbe dire, visto che quella sua pettinatura, caratterizzata dalla treccia raccolta sul capo, come usano le contadine ucraine, una volta finì sulla copertina di Elle e fu subito copiata dalle adolescenti di mezzo mondo. Con l’idea fissa di diventare fra qualche anno presidente della Repubblica, Yulia si è presa una rivincita sull’uomo da cui era stata scaricata. Quello stesso Yushcenko al quale aveva tirato la volata.
Un’altra sorpresa arriva dalla la signora Natalya Vitrenko, leader del Pspu, il Partito progressista socialista d’Ucraina. Nata a Kiev 55 anni fa, visto che in famiglia sono in tanti capisce subito che se deve studiare deve farlo bene e in fretta. Così, all’Istituto nazionale di Economia di Kiev, conquista quella che una volta era la «Borsa di studio Lenin», destinata ai migliori, e procede a gonfie vele verso il dottorato. Comincia a strillare le sue idee politiche nel consiglio circoscrizionale, poi, nel 1974, si iscrive al Partito comunista dell’Unione Sovietica, e da quelle idee non recede praticamente mai. Tanto che nel giugno del 1991, quando tutti i muri si stanno disgregando, pronuncia la storica frase: «Non è ancora ora di seppellire l’idea comunista».
Nel 1994 viene eletta per la prima volta deputata alla Rada. Ondeggia un po’, ma due anni dopo decide di fondare il Pspu, attestato su rigorose posizioni marxiste. Cicciottella come una contadinotta ruspante, è capace di parlare per ore sotto la neve avvolta nel suo grande colbacco, altro che mostrare le trecce come la vanitosa Yulia. Provano persino a farla tacere. Accade nel 1999, quando tirano un paio di granate contro il corteo dei deputati che lei capeggia. L’attentato fa 44 feriti, lei compresa. Anziché indietreggiare avanza. E ora pretende di sedersi anche lei al tavolo dove da oggi si disegnerà la nuova Ucraina. Yulia, Natalya, dietro le quali insegue Inna Germanovna Bogoslovska, leader del Kdp, meglio conosciuto in passato come il Partito costituzionale democratico. È un tipetto con cui non viene voglia di litigare. Innanzitutto perché è uno dei più bravi avvocati d’Ucraina (ha vinto la sua prima causa penale a 22 anni) e poi perché quel suo fisico androgino, accentuato dal look, tutto dolcevita e giacca, tiene lontani seccatori e corteggiatori.
La signora Bogoslovska arringa. Persino quando distribuisce le torte alla festa rionale. Già nonna a 46 anni, è nata a Kharkov, dove da sempre si cammina per strada guardando alla Russia e non all’Europa. Dove la parola secessione, o il suo edulcorato succedaneo federalismo, è usata con la stessa frequenza del buongiorno e della buonasera. Va in giro a ripetere slogan che certo non danno fastidio alla gente che ha fame: diminuire la pressione fiscale e abolire l’Iva, atavica fonte di corruzione in Ucraina.

A proposito di corruzione, l’avvocato Bogoslovska ha in mente un’altra riforma radicale, quella della macchina giudiziaria. «Perché - ha urlato in un recente comizio - nell’Ucraina di oggi, prima di andare dal giudice bisogna riempire di denaro una valigia».

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