Che fine ha fatto la manovra? La domanda pare che Napolitano la faccia più d’una volta, tanto che alla fine Berlusconi si deve concedere una boccata d’aria tra gli antiquari di via dei Coronari per riprendere un po’ di buon umore e lasciarsi alle spalle l’ora buona passata al Quirinale. Un incontro sereno e rilassato, soprattutto rispetto ad alcuni non troppo lontani precedenti. Già, perché il Cavaliere sale sul Colle con le migliori intenzioni, accompagnato come sempre da Letta che nelle ultime settimane ha messo a disposizione del premier le sue capacità di mediazione proprio per riallacciare un filo diretto tra Berlusconi e Napolitano. Un’operazione certosina, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio che più o meno una volta ogni due giorni si presenta nello studio del premier di buon’ora e chiama il Quirinale. Conversazioni rigorosamente a tre, da una parte Napolitano e dall’altra Berlusconi e Letta con il Twinphone. Con qualche risultato se durante la sua recente visita a Washington il capo dello Stato ha deciso di portare ad Obama «i saluti e l’amicizia» del Cavaliere.
Toni a parte, però, resta il nodo della manovra. Che agli uffici giuridici del Colle è arrivata in tre o quattro versioni differenti ma mai definitive. Così, conclusa la digressione sulla situazione economica con Napolitano a raccontare della sua visita negli Stati Uniti e Berlusconi a riferire del vertice Ocse di Parigi, è impossibile non impattare sulle misure anti crisi varate dal governo martedì scorso. Anche perché, seppure pacatamente, Napolitano fa presente di non avere ancora in mano un testo «stabilizzato» e di non poter quindi esprimere giudizi. Del provvedimento - è la spiegazione del Cavaliere - se ne sta occupando Tremonti che, notoriamente, non ama troppo le intrusioni. Ma certo, dice il premier, le misure anti crisi sono state di «difficile composizione», con alcune tensioni nella maggioranza che ancora non si sono sopite. Tanto che passati tre giorni dal via libera ancora non c’è un testo definitivo. «La manovra - dice ai cronisti Berlusconi durante la lunga passeggiata serale per le vie del centro - non è ancora arrivata e devo ancora firmarla». Anche se è probabile che già questa mattina la versione definitiva sia sulla sua scrivania di Palazzo Chigi per essere poi recapitata al Quirinale. Un provvedimento, spiegava in mattinata ospite di Belpietro su Canale 5, che «ci consentirà di tenere la nave in rotta senza aver messo le mani nelle tasche degli italiani». Poi, una frecciata a Confindustria, perché l’intervento della Marcegaglia proprio non gli è andato giù. Pontificano - è il senso dei suoi ragionamenti - e poi quando gli proponi di entrare al governo in un ministero chiave dicono no grazie. Confindustria, dice il premier, «deve leggere con maggiore attenzione i 54 articoli della manovra, a partire dal primo capitolo sulla competitività e la sostenibilità finanziaria». Una polemica in cui i finiani si schierano con via dell’Astronomia se Bocchino dice che nel provvedimento «manca quasi del tutto la parte dedicata allo sviluppo come giustamente rilevato dalla Marcegaglia».
Ma tra i fronti aperti c’è anche quello del federalismo, visto che molti nel Pdl iniziano a temere che vista la crisi la sua attuazione possa pesare troppo sulle casse dello Stato. Pochi si espongono pubblicamente - Cota da una parte e Napoli dall’altra assicurano che non ci saranno problemi - ma sottotraccia il dubbio c’è, tanto che Calderoli si trova costretto nel pomeriggio a fissare alcuni paletti. «La Lega - dice - non avrebbe mai potuto votare una manovra che potesse in qualche modo mettere a rischio il federalismo fiscale. Proporrò a Tremonti di portare già nel mese di giugno non solo il decreto sull’autonomia impositiva degli enti locali ma anche quello sui costi e sui fabbisogni standard». Un’accelerazione che in verità rischia di impattare sul lavoro della commissione del Pdl che dovrebbe occuparsi della materia. Quella chiesta da Fini ma rilanciata (due volte in tre giorni) pure da Berlusconi che non a caso parla di «conclusione dell’iter entro l’estate».
Sul Colle si parla anche del dopo Scajola.
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