Politica

Ultimo duello con Prodi ma il leader Pd ci crede «Il traguardo è vicino»

Vertice a Palazzo Chigi. Messaggio agli alleati: «Chi fa saltare questo tavolo va da solo alle elezioni. È andata male, ma nulla è perduto»

da Roma

Ieri, ad ascoltare le voci che arrivano dal quartiere generale di Walter Veltroni, e compulsando le parole del leader, si restava quasi sorpresi, per le vigorose iniezioni di buonumore. E le metafore che facevano da viatico a questa offensiva di ottimismo erano due, rispettivamente di stampo penitenziario e maratonistico: «L’ultimo miglio è il più difficile - spiegava il leader del Pd - ma il traguardo ormai si vede». Ma come? Proprio mentre sul dialogo con il Cavaliere si abbatte la tegola del conflitto di interessi (che i nemici della legge elettorale vogliono calendarizzare alla Camera) e mentre il vertice dell’Unione abortisce per il forfeit dei Verdi (ieri sera)? Possibile? Ebbene sì, perché nella riunione d’esecutivo, Veltroni era già arrivato alla sintesi più brutale: «La bozza Bianco è il massimo della mediazione possibile». E poi, per chi non avesse capito: «Chi fa saltare questo tavolo, alle elezioni ci va da solo...» (ovvero si suicida).
Ora, a parte che ad un cinéphile come il sindaco di Roma non sfugge certo che «l’ultimo miglio» non è solo la parte finale di un itinerario, ma anche il modo con cui nelle prigioni americane si indica il percorso ultimo dei condannati a morte (vedi Stephen King) è anche vero che i veltroniani in queste ore si sentono la coscienza a posto, perché Walter ha fatto davvero di tutto perché (stamattina) la Bozza-Bianco venisse varata nelle migliori condizioni possibili. E non è certo un caso che il sindaco ieri abbia fuso il suo abituale ed intenso calendario di primo cittadino (dibattito al festival della Scienza, serata al teatro dell’Opera) con quello da leader (incontro con Prodi, esecutivo, raffica di telefonate), senza contare gli straordinari del suo vice Dario Franceschini (impegnano con «i piccoli» al Senato). Anche perché, ormai, il percorso arriva ad una stretta finale: la Bozza-Bianco si inizierà a votare, dalle prossime 24 ore in poi.
Certo, il punto più delicato era l’incontro con il Professore di Palazzo Chigi. Un vis-à-vis che le indiscrezioni di Palazzo Chigi dipingevano con toni quasi idilliaci: «C’è identità di vedute, fra Prodi e Veltroni». In realtà il colloquio è stato molto più concreto e duro. Veltroni ha cercato di convincere un sospettosissimo premier che la legge elettorale è un percorso che può salvare il suo governo, per almeno due motivi: perché allontana fisiologicamente la data del voto, e poi scongiura il referendum, perché in un momento in cui i sondaggi danno l’Ulivo in condizioni non certo esaltanti permette ai due di recuperare qualcosa portando a termine i propri mandati. Si sarà convinto Prodi? Mistero. Di certo i veltroniani fanno di conto e pensano che sull’idea di un «sistema tedesco sproporzionalizzato» (di fatto la bozza Bianco), alla fine si può trovare un accordo che tenga insieme (a parte le posizioni di facciata) l’asse Pd-Forza Italia, più An, Rifondazione e persino l’Udc: con questa quadra il gioco sarebbe fatto. Il secondo pilastro dell’ottimismo veltroniano è questo: l’accordo con Berlusconi terrà, come confermano i colloqui informali tra il plenipotenziario di Walter Goffredo Bettini, il suo vice politico Dario Franceschini, e il suo braccio destro Walter Verini. Gli uomini del loft, in queste ore, parlano con Fabrizio Cicchitto e Paolo Bonaiuti, ma - soprattutto - con Gianni Letta, che è il vero garante dell’accordo. Un plotone di negoziatori perché nessuna sfumatura vada persa.
Ma l’idillio può davvero diventare realtà? Qui, per capire come stanno in effetti le cose, bisogna parlare con uno che sta diventando sempre di più la vera «gola profonda» del veltronismo. Ovvero con Peppino Caldarola, che sul suo sito vaicolmambo, racconta un’altra storia, molto più pessimistica (ma non per questo del tutto incompatibile con quella ufficiale). Spiega Caldarola: «La verità è che Casini e Fini non hanno la minima intenzione di votare la bozza. Casini perché vorrebbe un sistema “tedesco incontaminato”, Fini perché è onestamente referendario». Non solo: «Fra l’altro, malgrado le posizioni di facciata Prodi resta un nemico vero di questo accordo. In primo luogo perché tutto avviene senza di lui, in secondo perché il tentativo di chiudere il cerchio sulla governabilità mette in ebollizione la sua maggioranza». Terzo, ed ancora più importante, nodo: «Rifondazione, che è la forza più responsabile in Parlamento, ha un bisogno vitale di evitare il referendum, pena la sua scomparsa. Quindi Prodi deve capire che se ostacola Veltroni nel suo percorso di cucitura e di mediazione salta proprio il pilastro della sua coalizione». Deve essere per questo che si mette insieme la girandola degli incontri veltroniani di queste ore si capisce che malgrado tutte le carte siano state giocate, nessuno può ancora dire se il lavorio diplomatico avrà esito. Veltroni ha già incontrato: Dini, la Lega, l’Udeur, Casini, Bertinotti, Fini (sia in pubblico che in privato)... Alla fine Caldarola la dice così: i nemici veri sono tanti, forse troppi. L’unico modo in cui si può portare la legge a casa è se l’accordo democratico Pd-Pdl diventa trasparente e preliminare. A quel punto, partendo da una maggioranza del paese, sarebbe difficile per i guastatori, continuare a remare contro. E in serata, Veltroni ha ammesso: «Il vertice è finito male».

Lasciando intendere, però, che nulla è ancora perduto.

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