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Usa, per 4 voti non passa la legge sui soldati gay

Essere soldati gay per l'America resta un tabù. Per quattro voti non è passata al Senato americano la proposta di abrogare la norma 'don't ask don't tell' che vieta agli omosessuali dichiarati di prestare servizio nelle forze armate. La Casa Bianca: "Delusione"

Usa, per 4 voti non passa la legge sui soldati gay

Washington - Per quattro voti non è passata al Senato americano la proposta di abrogare la norma 'don't ask don't tell' che vieta agli omosessuali dichiarati di prestare servizio nelle forze armate. Per vincere l'ostruzionismo dei repubblicani i democratici avevano bisogno di 60 sì. Ne hanno ottenuti solo 56, mentre i no sono stati 43.

Non passa la legge sui gay Essere soldati gay per l'America resta un tabù. Non è passato oggi al Senato americano un voto cruciale che avrebbe consentito l'abrogazione della 'don't ask don't tell', la legge in base alla quale una persona omosessuale può prestare servizio nelle Forze Armate a patto che non riveli di essere gay. Il voto sul Defense Authorization Act, un provvedimento (già passato dalla Camera), è passato l'emendamento che prevedeva l'apertura di un dibattito in aula sulla legge. Per questo erano necessari 60 voti, e l'ostruzionismo compatto dei repubblicani e di due senatori indipendenti ha imposto il rinvio del dibattito a data da destinarsi.

La delusione della Casa Bianca "Delusa" la Casa Bianca che conta comunque in un esito positivo entro l'anno. La "don't ask don't tell" (Dadt, non chiedere, non dire) è una legge vecchia di 17 anni. La introdusse nel 1993 Bill Clinton, nel tentativo di raggiungere un compromesso con l'allora esplicito divieto nei confronti dei gay ad entrare nelle forze armate. Testualmente, la legge americana proibisce a chiunque "metta in mostra la propensione o l'intenzione di manifestare atti omosessuali" di prestare servizio nelle forze armate Usa, perché "la circostanza creerebbe un rischio inaccettabile per gli alti standard di moralità, ordine e disciplina, e coesione che sono l'essenza dalla capacità militare". Ma - sulla base appunto della legge - è stato possibile negli ultimi 17 anni seguire questa prassi: l'esercito non chiede alla recluta il suo orientamento sessuale, la recluta non lo esplicita. Un atteggiamento ritenuto non solo ipocrita, ma incostituzionale: il 9 settembre scorso, infatti, la giudice della California Virginia Phillips ha stabilito che la Dadt "viola manifestamente i diritti costituzionali".

Amministrazione Obama nel caos Sotto l'amministrazione Obama sono diventate sempre più numerose ed insistenti le voci a favore dell'abrogazione. Lo stesso ministro della Difesa, Robert Gates, e il capo degli Stati Maggiori, Mike Mullen, un paio di mesi fa erano intervenuti per manifestare la loro "non contrarietà" alla revisione della Dadt. Ma all'interno dell'esercito permangono forti resistenze. Il 24 agosto scorso il generale dei Marines James Conway era uscito allo scoperto dicendosi "assolutamente contrario" ad una revisione della Dadt: "Vi posso garantire che la stragrande maggioranza dei marines preferisce non condividere la stessa camerata con una persona apertamente omosessuale" aveva detto. Oggi anche il generale James Amos, futuro comandante dei marines, a poche ore dal voto aveva ribadito analoga contrarietà, sottolineando che l'eventuale abrogazione della legge costituirebbe in questo momento una "distrazione" per i soldati impegnati in Afghanistan. Con il suo voto, il Senato nei fatti gli ha dato ragione, anche se i democratici contano di tornare al voto entro la fine dell'anno.

La lotta di Lady Gaga Restano così delusi non solo i gruppi per i diritti civili, secondo i quali sono oltre 14mila i militari gay espulsi dalla forze armate, ma anche Lady Gaga. L'eccentrica cantante di origine italiana (si chiama Stefani Joanne Angelina Germanotta), famosa per i suoi costumi, alla vigilia del voto aveva indossato quelli di un politico, era andata a Portland, in Maine, e davanti a 5mila persone aveva tenuto anziché un concerto un comizio. "E' gioco uno dei valori fondanti dell'America, quello in cui tutti noi crediamo: la libertà" aveva detto. Il messaggio era stato ripreso da tutte le tv nazionali ed era arrivato anche alle due senatrici repubblicane del Maine, Susan Collins e Olympia Snowe, che alla vigilia del voto avevano rotto il fronte repubblicano del 'no' dicendosi "indecise". Oggi anche loro hanno votato contro, come John McCain e tutti i senatori repubblicani e indipendenti. "Delusa" la Casa Bianca: "siamo delusi di non poter far avanzare questo testo - ha commentato il portavoce, Robert Gibbs - ma continueremo a provarci".

I democratici si sono detti convinti di arrivare all'abrogazione entro la fine dell'anno.

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