VA DI MODA LA «FICTION CARTOLINA»

Possiamo chiamarle «fiction cartolina». Hanno qualità di scrittura e di recitazione diversa, personaggi più o meno di spessore a seconda dei casi, ma si ha l'impressione che oggi le nostre fiction, sempre più spesso, vadano a parare lì, sull'effetto cartolina, sulla bellezza dell'ambientazione, sul fascino del paesaggio, sulla fotografia naturalistica che valorizza il telefilm compensando altre manchevolezze. Prendiamo ad esempio Il giudice Mastrangelo (martedì su Canale 5, ore 21), storia di un Procuratore della Repubblica che torna nella natia Lecce dopo un bel po' di anni passati al nord, e ci torna ritrovando colori, sapori, amori mai dimenticati, oltre a qualche intricato delitto da risolvere. Diego Abatantuono è bravo, e l'aggettivo è una scoperta per il mondo della fiction ma non certo per quello del cinema, dove aveva fatto il suo bel salto di qualità a partire da Regalo di Natale. I suoi colleghi recitano nella norma, a cominciare da Amanda Sandrelli per proseguire con validi caratteristi come Dino Abbrescia, Antonio Catania e Vittoria Piancastelli. Le storie raccontate appartengono alla sostanziale consuetudine di questo tipo di giallo soft con connotati da commedia familiare, anche qui c'è un investigatore single, almeno un collaboratore che funge da immancabile macchietta (è proprio obbligatorio che sia sempre così?), un ufficio generale della Procura in cui alligna, manco a dire, un superiore che sembra far di tutto per mettere il bastone tra le ruote del bravo piemme protagonista, né poteva mancare una corteggiatrice più o meno timida che cerca di vincere la sua resistenza. Il giudice Mastrangelo non brilla insomma per originalità e mostra anche qualche dialogo scolasticamente didascalico, soprattutto nelle parti in cui Abatantuono e la Sandrelli entrano nei dettagli tecnici dell'indagine. Però l'insieme regge, non ha cadute di tono (merito anche di una regia accorta) né squilibri narrativi, risulta alla fine gradevole e fa un po' arrabbiare solo i puristi del dialetto leccese, che si lamentano (non a torto) di qualche disinvolta «baresizzazione» del loro idioma. A farci dimenticare le pecche c'è la splendida ambientazione da cartolina di cui si parlava all'inizio, le sfolgoranti distese di ulivi del Salento, il colore del mare, un set naturale di sfavillante bellezza che viene giustamente valorizzato dalle riprese, a tutto vantaggio e delizia dei nostri occhi.

Una volta si diceva, ironicamente, che di certi libri illustrati o giornali pieni di fotografie venivano lette solo «le figure», le immagini, e che la parte scritta poteva in fondo anche essere tralasciata. Prima o poi varrà anche per le fiction?

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