«Valore legale del titolo di studio? Inutile, lo scandalo-Trota docet»

Carlo Carraro, rettore dell’università Ca’ Foscari di Venezia, prende di petto l’attuale schizofrenia del mondo - e non solo dell’Italia - riguardo la laurea.
«Gates, Jobs, Zuckerberg - ci dice Carraro - hanno cambiato la postmodernità senza essere laureati. Oggi sono oggetto di culto. Va bene. Ma si tratta di eccezioni. I dati Ocse, invece, dimostrano che l’investimento nella formazione universitaria è quello che rende più di qualsiasi asset finanziario: intendo proprio il guadagno addizionale in termini di reddito futuro».
È per questo che alcuni fanno di tutto per avere lauree proforma o millantano titoli che non possiedono? Il caso di Renzo Bossi con l’università Kristal di Tirana o del Ceo di Yahoo Scott Thompson.
«Facciamo dei distinguo. Probabilmente Renzo Bossi pensava a una carriera nell’apparato statale, dove vige ancora il valore legale del titolo di studio. Nella nostra Pubblica amministrazione se ti laurei con 110 in una pessima università conti di più di un laureato con 100 in un’università prestigiosa e rigorosa. E così Renzo Bossi avrà pensato di procurarsi il “pezzo di carta”. Ça va sans dire che il valore legale del titolo di studio, che esiste solo in Italia, andrebbe abolito all’istante».
Il caso Thompson, invece?
«La vedo diversamente. Nel mondo anglosassone, quando si millanta un titolo universitario, in generale lo si fa più per ragioni di prestigio che pratiche. La cosa sta prendendo piede anche da noi: oggi molti vogliono la laurea honoris causa. Ci possono fare qualcosa? No. Tuttavia la desiderano. E brigano per averla».
Ma queste lauree proforma non sono alla fine un inutile effetto di superficie?
«Proprio così. Carta straccia. Il libero mercato vuole titoli di valore erogati da istituzioni di valore, perché dietro di essi ci sono delle skills, delle capacità. Quest’anno abbiamo raddoppiato le matricole ai corsi di cinese e management: da 400 a 800. I giovani avvertono che, in futuro, l’unica vera assicurazione contro ogni crisi economica sarà la loro conoscenza».
Meglio se autorevolmente certificata...
«Tra una buona ma periferica università europea e Harvard, per il momento conta di più la seconda in termini di curriculum. Da noi questa funzione la assolvono, per esempio, la Bocconi o la stessa Ca’ Foscari. Ma se dietro la nobile facciata dell’ateneo non ci fosse anche un eccellente percorso di studio, la cosa cadrebbe».
Un percorso faticoso. Tant’è che qualcuno prova ad «aiutarsi» un po’ troppo con internet, nella stesura della tesi...
«Sempre meno. Oggi il web è una nemesi per tutti i copioni. Era inevitabile. Credo che il copygate che ha travolto l’ex ministro della Difesa tedesco zu Guttenberg sia stato svelato grazie a internet. Noi a Ca’ Foscari abbiamo un software antiplagio che lavora cercando corrispondenze tra la tesi dello studente e tutte le risorse bibliografiche disponibili on line, da Google Books agli archivi storici. Scompone la tesi in diversi pezzi e poi procede attraverso parole chiave».


E funziona?
«Il primo effetto è quello dissuasivo. Quando ci siamo accorti che gli studenti copiavano dal web, abbiamo scovato un paio di società globalizzate che fornivano questo servizio e una americana. Il numero di copioni è crollato».

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