Roma

Varate le nomine Asl: bufera su Marrazzo e maggioranza in crisi

Peduzzi (Rifondazione): «Siamo molto perplessi. Le scelte non mostrano discontinuità col passato»

Daniele Petraroli

E alla fine Marrazzo passò come un carrarmato sulla sua maggioranza. Nonostante gli inviti a riflettere, a prendere tempo, a rispettare tutti i partiti della coalizione, in serata sono giunte le nomine dei direttori delle Asl e delle aziende ospedaliere della regione. E ora la giunta Marrazzo può cominciare a tremare davvero. «Le numerose osservazioni di Rifondazione comunista per correggere alcune scelte indicate non sono state prese assolutamente in considerazione - la reazione a caldo di Ivano Peduzzi, capogruppo del Prc alla Pisana -. Siamo molto perplessi soprattutto sulle nomine dei direttori delle Asl di Civitavecchia e Viterbo e per il San Giovanni».
Ma scorriamo la lista. Carlo Saponetti è finito alla Asl Roma A, Flori Degrassi alla Roma B, Elisabetta Paccapelo alla C mentre alla D è andata Giusy Gabriele, già assessore alle Politiche per la promozione della Salute della giunta Rutelli. Pietro Grasso, Marco Biagini, Giovanni Di Pilla e Luciano Mingiacchi sono andati, rispettivamente, alle Asl E, F, G e H. Le nomine contestate in particolar modo da Rifondazione sono quelle di Giuseppe Maria Aloisio alla Asl di Viterbo e quella di Luigi D’Elia al San Giovanni. Giancarlo Zotti sarà il nuovo direttore generale della Asl di Frosinone, Ernesto Petti e Gabriele Bellini invece sono finiti a capo di quelle di Latina e Rieti. Adolfo Pipino e Luigi Macchitella, infine, dirigeranno rispettivamente le aziende ospedaliere del San Filippo Neri e del San Camillo.
Il mal di pancia nella maggioranza, comunque, ha faticato a rimanere sotto traccia nel pomeriggio. E già prima dell’ufficializzazione dei nomi erano iniziati mugugni e richieste. Due i motivi del malessere. Il primo riguarda i circa 4 milioni di euro spesi per l’operazione: i direttori esonerati continueranno a ricevere gli stipendi fino alla scadenza naturale del contratto. Il secondo motivo è politico. Ogni partito avrebbe voluto dire la sua sulle nomine, soprattutto i più piccoli. «Rappresentiamo la maggioranza in commissione Sanità e siccome serve il nostro parere bisogna trovare un accordo» auspicava Alessio D’Amato, capogruppo dei Comunisti Italiani. «La nostra non è una minaccia», teneva a precisare, mentre si diceva certo dell’«impegno nella direzione giusta» da parte della Giunta. Come è finita poi lo sappiamo. Stessa posizione critica era espressa dall’Udeur: «Temiamo che il presidente della Giunta Regionale non stia tenendo conto dei rischi che la sua coalizione sta correndo sulla vicenda delle nomine» la minaccia di Mauro Fabris, coordinatore nazionale del partito.
Superata dagli eventi, poi, la «pausa di riflessione» che auspicava ancora ieri pomeriggio Regino Brachetti, sempre dell’Udeur. Rimasto inascoltato anche Roberto Manzione della Margherita che invitava a «revocare solo i vertici incapaci». Se apparivano scontate le critiche da parte dell’opposizione («Alcuni dei direttori nominati sono gli stessi della giunta Badaloni che ha prodotto i famosi 7.400 miliardi di lire di deficit. Inoltre cosi si assumono la responsabilità di pagare due stipendi per ogni Asl e azienda», è l’affondo del capogruppo Udc Luciano Ciocchetti) la sorpresa è arrivata dalla perplessità espressa dai sindacati. In una nota il segretario regionale della Fials-Confsal Gianni Romano ha contestato la scelta di effettuare le nuove nomine, poiché «il Lazio è già agli ultimi posti per la durata dell’incarico dei direttori delle Asl, e questa operazione, che non è un buon esempio di trasparenza, demotiva ancor di più gli addetti ai lavori».
Ma ancora più preoccupante per Marrazzo e per la tenuta della sua maggioranza il silenzio imbarazzato del principale partito della coalizione.

«Per ora non commentiamo», è stato la gelida risposta del capogruppo Ds alla Pisana Giuseppe Parroncini a chi gli chiedeva un parere sulle nomine.

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