Vasco come Pasolini: "Sto con la polizia"

Vasco come Pasolini: "Sto con la polizia"

Quasi come Pasolini. Vasco Rossi non ha mai amato le rivoluzioni di piazza. È una questione di radici e lui sotto le scarpe continua a portare un po’ della polvere contadina di Zocca, paese dell’Appennino perso tra Modena e Bologna. Vasco, in questi giorni di fantasmi brigatisti, di slogan riciclati, roba da altro secolo, di teppisti da stadio che sprangano e uccidono, dice che lui, quello della Vita spericolata, sta dalla parte dei poliziotti. È un colpo di rullante. È qualcosa di non banale, perché le rockstar di solito non guardano le divise negli occhi. È lasciare per un attimo il fronte del palco e sedersi a chiacchierare con gli sbirri, quelli con il manganello, con gli occhiali da sole anche di notte, l’ordine contro il disordine. Lui li guarda e dice: grazie. Grazie per il vostro lavoro.

Queste parole Vasco Rossi le dice in un’intervista su Poliziamoderna, che dedica il numero di febbraio alla morte dell’ispettore Filippo Raciti e alla violenza negli stadi. Non si parla di Br, ma tra teppisti e guerriglieri la distanza è breve. Il rocker di «bevi la Coca-Cola che ti fa bene», quello che per la polvere bianca è finito in manette, quello che le mamme non volevano per casa, dice che la «vera vita spericolata è quella dei poliziotti». Quel testo cantato a Sanremo nel 1983 è stato per anni un marchio, il segno di un’utopia. Ma molti l’hanno letto solo come una voglia di far casino, di vomitare nel salotto buono di casa, l’orizzonte balordo di chi va a letto la mattina presto con il mal di testa e quando si guarda allo specchio sogna Steve McQueen. C’era dell’altro: «Mi dispiace che spesso il messaggio di quella canzone sia stato travisato e strumentalizzato per sostenere che inneggiavo al non rispetto delle regole. Allora avevo 31 anni e desideravo una vita spericolata, nel senso di non ordinaria, non piatta o fatta di sole certezze. Ma chi del resto quando è giovane non sogna di fare esperienze emozionanti e straordinarie?». Vasco Rossi voleva solo rivendicare il diritto di scommettere su se stesso. Rischiare. Mettersi in gioco. Forse ci è riuscito.

Pier Paolo Pasolini a Valle Giulia, in quel lontano ’68, stava con i poliziotti perché «sono figli di poveri». Pasolini voleva la rivoluzione,ma non gli piacevano gli attori. Non gli piaceva l’odore: «Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri». Pasolini stava con i poliziotti, anche se erano i nemici. Ma gli piaceva l’odore: «Conosco assai bene il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, a causa della miseria, che non dà autorità».

Vasco Rossi sta con i poliziotti perché è gente che ci mette la faccia, che i pugni qualche volta li dà e spesso li prende, perché sta lì nella mischia per lavoro e non per cazzeggio. E, dopo tutto, anche al vecchio rocker piace sudare. «Problemi con la giustizia - dice - li ho avuti e sono noti.Maora ho un rapporto splendido con i poliziotti. Adesso se mi fermano è per chiedermi un autografo. Prendo multe, ma neanche tante, e solo per eccesso di velocità di cinque chilometri oltre il limite». Bazzicare al confine del limite è quello che in fondo gli ha salvato la vita. L’abilità del Blasco è stata quella di guardarsi in faccia e non bluffarsi addosso. Il cinquantenne di Zocca è un anarchico senza illusioni, uno che si fa gli affari suoi, che la sera legge i saggi di sir Raymond Popper e non lo confonde con l’omonimo cocktail di droghe. Vasco ha già vissuto la sua stagione in provincia accanto ai venditori di illusioni. Il suo disincanto gli è rimasto addosso in quelle poche strofe di Stupendo: «Emi ricordo chi voleva al potere la fantasia. Erano giorni di grandi sogni, sai. Erano vere anche le utopie.

Ma non ricordo se chi c’era aveva queste facce qui. Ma non mi dire che è proprio così. Non mi dire che sono quelli lì. Sì. Stupendo! Mi viene il vomito». E poi chiude: «È la vita ed è ora che cresci. Devi viverla così».

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