Roma - «In Italia la maggioranza dei vescovi» hanno posto ostacoli all’applicazione del motu proprio di Benedetto XVI che nel 2007 ha liberalizzato l’uso dell’antico messale preconciliare. È un’affermazione forte e destinata a far discutere quella pronunciata ieri da monsignor Camille Perl, segretario della Pontificia commissione «Ecclesia Dei», il «ministero» vaticano per i tradizionalisti.
Perl è intervenuto a Roma ad un convegno intitolato «Il motu proprio Summorum Pontificum di Sua Santità Benedetto XVI. Una ricchezza spirituale per tutta la Chiesa un anno dopo», organizzato dall’associazione «Giovani e tradizione». «In Italia – ha detto il prelato – la maggioranza dei vescovi, con poche ammirevoli eccezioni, ha posto ostacoli all’applicazione del motu proprio sulla messa in latino. Lo stesso bisogna dire di molti superiori generali che vietano ai loro sacerdoti di celebrare la messa secondo il rito antico». Monsignor Perl ha fornito un quadro non proprio roseo della situazione anche in altri Paesi, ricordando che «in Germania, ad esempio, la Conferenza episcopale ha pubblicato delle direttive molto burocratiche che rendono di difficile applicazione il motu proprio», mentre in Francia «vi sono luci e ombre». Ma considerare l’Italia, il Paese del quale il Papa è primate, come una nazione nella quale i vescovi hanno ostacolato la decisione papale rappresenta un giudizio pesante sulle labbra del numero due della commissione vaticana.
Come si ricorderà, Benedetto XVI, rendendo possibile l’uso dell’antico messale a gruppi di fedeli stabili che ne avessero fatto richiesta al parroco, aveva inteso compiere un atto di riconciliazione, aprendo le braccia ai fedeli tradizionalisti e indicando la possibilità di un arricchimento reciproco tra il rito antico e quello rinnovato dopo il Concilio. Sull’aereo che lo portava in Francia, Papa Ratzinger aveva spiegato che il suo era stato un atto «di tolleranza e di amore» verso le persone attaccate all’antica liturgia, senza che questo significasse in alcun modo tornare indietro. Aveva ribadito che i tradizionalisti sono un piccolo gruppo e che quella post-conciliare rimaneva la liturgia ordinaria.
Ma al convegno sul motu proprio, che ha visto anche la partecipazione di don Nicola Bux, teologo ed esperto di liturgia, è intervenuto anche il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia commissione «Ecclesia Dei». Il quale ha criticato l’«insaziabilità» di certi tradizionalisti, raccontando che alcuni di loro avevano chiesto di dedicare Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche patriarcali, esclusivamente al rito antico.
Castrillón ha anche spiegato che coloro che parlano di «vittoria» quando il Papa dà la comunione ai fedeli in ginocchio, tornando cioè a una modalità più tradizionale, sbagliano e non aiutano il progetto di Benedetto XVI. Il cardinale ha anche osservato che alcuni tradizionalisti nelle loro richieste e nella loro battaglia sono spinti più dalla ricerca «del potere che dall’amore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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