Vaticano: «Non sia materia di serie B»

La religione cattolica come la matematica. Stesso diritto di esistere, stessa serietà e profondità che meritano le altre materie. È questo il messaggio che la congregazione per l’educazione cattolica ha inviato lo scorso 5 maggio, ma diffusa solo adesso, ai presidenti delle Conferenze episcopali.
A pochi giorni dalle riaperture delle scuole, l’ora di religione torna in primo piano. Ora è ridotto a un insegnamento facoltativo che non solo non garantisce crediti formativi agli alunni che frequentano, ma che soprattutto, dopo la sentenza choc del Tar di quest’estate, non ammette gli insegnanti agli scrutini. Dopo la pronuncia, moltissime erano state le polemiche. Allora tutto era partito da 24 associazioni laiche e confessioni religiose che avevano presentato ricorso perché si sentivano discriminati. Chi frequenta l’ora di religione cattolica riceveva punti che poteva portare in sede di maturità, a svantaggio di chi non seguiva le lezioni. Da qui la decisione del Tar di accogliere il ricorso che aveva di fatto svuotato d’importanza la materia. «La sentenza è il sintomo del più bieco e negativo risvolto dell’illuminismo», aveva dichiarato monsignor Coletti, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica.
Ora il problema, con la riapertura delle scuole, si ripresenta. E proprio su questo tema, sulla condizione di serie B della materia e degli insegnanti, che il Vaticano torna a esprimersi. Dalla Santa sede il messaggio torna a essere chiaro: non esistono materie più importanti di altre. Ma il documento vaticano non si riferisce solo al panorama delle scuole italiane, ma si estende a tutta la realtà mondiale. «La specificità di quest’insegnamento, si legge nel testo, non fa venire meno la sua natura propria di disciplina scolastica, al contrario, il mantenimento di quello status è una condizione d’efficacia: è necessario perciò che l’insegnamento religioso scolastico appaia come una disciplina scolastica, con la stessa esigenza di sistematicità e rigore che hanno le altre discipline». Ma il testo, firmato dal Prefetto della Congregazione, il cardinale Zenon Grocholewski va oltre. Nel documento infatti si sottolinea come l’importanza «dell’insegnamento della religione è differente e complementare dalla catechesi, in quanto è insegnamento che non richiede l’adesione di fede, ma trasmette conoscenza sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana». Un arricchimento quindi fondamentale per la nostra cultura e la nostra identità. Ed è per questo che la difesa dell’ora di religione è una difesa nei confronti della religione cattolica. La chiusura arriva anche nei confronti delle diverse fedi, ribadendo di fatto un no nei confronti di un relativismo religioso nelle aule. «Si potrebbe creare confusione, si legge nel documento, se l’insegnamento della religione fosse limitato a un’esposizione delle diverse religioni, in un modo comparativo e neutro».

D’accordo sulla posizione espressa dalla Congregazione vaticana è anche il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini: «Credo che nel nostro Paese si svolga regolarmente l’ora di religione e credo che debba essere non l’ora di catechismo ma l’ora in cui si insegna la religione cattolica».

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