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Il vento di destra

La sinistra perde anche l’ultima roccaforte lombarda. Da ieri, e per la prima volta nel dopoguerra, Mantova è governata dal centrodestra che ha vinto il turno di ballottaggio delle elezioni comunali. Ribaltone anche a Vibo Valentia e vittoria per una manciata di voti della sinistra a Macerata e Matera

La sinistra perde anche l’ultima roccaforte lombarda. Da ieri, e per la prima volta nel dopoguerra, Mantova è governata dal centrodestra che ha vinto il turno di ballottaggio delle elezioni comunali. Ribaltone anche a Vibo Valentia e vittoria per una manciata di voti della sinistra a Macerata e Matera. Su Mantova il Pd aveva puntato molto per un simbolico riscatto dopo la sconfitta alle Regionali. Bersani, D’Alema e Fassino negli ultimi giorni si erano spesi personalmente sul territorio. Un fiasco, reso ancora più cocente dal fatto che la sinistra si presentava alleata all’Udc. Il fallimento della politica dei due forni voluta da Casini e furbescamente appoggiata da Bersani non risparmia neppure una città tanto rossa da essere considerata una enclave emiliana in terra lombarda. Anzi, semmai, dopo questo turno elettorale, è provato che la gente non è più disposta a votare così, tanto per vincere ma pretende un progetto di governo chiaro e coerente con i principi politici ed etici di appartenenza.
Il caso Mantova è la logica prosecuzione dei casi Piemonte, Lazio, Campania, Calabria. È il fallimento della politica fondata sull’antiberlusconismo, sulla caccia fisica al premier che domenica sull’Unità ha trovato, nella vignetta di Staino e nell’articolo della direttrice Concita De Gregorio, un nuovo isterico e imbarazzante picco. No, la classe moderata delle nostre città, di destra come di sinistra, quella cioè numericamente rilevante e quindi in grado di spostare la vittoria da uno schieramento all’altro, non ride all’idea che la soluzione dei problemi sia ammazzare il premier. E ora non crede più neppure alla superiorità etica e morale degli eredi di Togliatti. E non solo perché alla guida del quotidiano del Pd c’è una come la De Gregorio. I trans di Marrazzo, l’amante pagata con soldi pubblici del sindaco di Bologna, le escort dei notabili pugliesi dimostrano che la classe dirigente di sinistra è in mutande e che voler spiare nella camera da letto di Berlusconi quantomeno non ha portato fortuna.
Spogliato dell’ammazzo Silvio e del «noi siamo diversi», anche il decantato modello di amministrazione di sinistra mostra tutta la sua debolezza. A livello nazionale come locale. Quel sostenere le utopie ambientaliste, i matrimoni gay, quelle aperture incondizionate all’immigrazione e agli aborti chimici, fa evidentemente sentire il partito lontano se non addirittura ostile ai problemi e ai principi reali della gente. Che sono avere una famiglia, dei nipotini, più tangenziali, ristrutturare casa velocemente, che i figli è meglio averli precari piuttosto che disoccupati. Forse tutto questo è troppo banale e qualunquista, ma più si va in questa direzione più la gente apprezza.

Tanto che nell’unica città lombarda dove ieri a contendersi il sindaco erano Pdl e Lega, Vigevano, il partito di Bossi ha vinto alla grande. Di questo, più che di Bersani, il partito di Berlusconi dovrà preoccuparsi d’ora in avanti.

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