Verdi, stranieri e troppi seggi L’Unione divisa alle primarie

In Liguria almeno 200 urne per far scegliere a 50.000 cittadini il nuovo premier. Ma «per il sindaco si vedrà»

Verdi, stranieri e troppi seggi L’Unione divisa alle primarie

Diego Pistacchi

Nell’Unione sono tutti d’accordo. Ma i Verdi non ci stanno, l’Udeur non condivide il numero dei seggi, i centristi (e non solo) non vogliono gli extracomunitari, in ogni partito c’è chi pensa di andare avanti sulla stessa strada anche per le amministrative e chi no, chi crede di spendere già troppo così per le politiche. Le «primarie» per individuare il leader designato alla presidenza del consiglio per le elezioni del 2006 vengono presentate e si scopre che la definizione di Unione al centro sinistra proprio non si addice. Perché ci sono partiti in più, rispetto alla coalizione iniziale, ma anche qualcuno in meno, pronto se non altro ai distinguo.
Mario Margini, segretario regionale dei Ds, spiega che in Liguria l’obiettivo «è portare ai seggi almeno 50.000 persone, tutti elettori del centro sinistra, per aprire la discussione». I numeri li hanno già dati a livello nazionale. Per la regione sono previsti almeno 118 seggi aperti il 10 ottobre. Ma a Margini non bastano. «Lavoriamo per averne almeno 200 - spiega il segretario -. Uno in quasi tutti i Comuni, mentre a Genova, Spezia e Savona, dove ci sono le circoscrizioni, contiamo di metterne uno in ognuna di queste istituzioni territoriali». La macchina per scegliere il candidato premier è già in moto e in Liguria si è alla ricerca delle sedi dove allestire i seggi. «Chiederemo di avere sedi pubbliche - è la previsione di Margini -, ma ci rivolgiamo anche all’associazionismo, penso alle società di mutuo soccorso che sono radicate sul territorio».
Fine delle primarie ufficiali. Quelle aperte «a chiunque sottoscriva la sua appartenenza all’elettorato di centrosinistra». Quelle con i moduli per le firme a sostegno dei candidati (finora sono cinque), i «comitati elettorali» per pubblicizzarne i nomi. Ma manca l’unione, con la minuscola, sui punti base. Ad esempio su chi ha diritto di voto. Gli extracomunitari su tutti, che fanno gridare allo scandalo se il governo non li vuol far votare a Genova, ma che poi non saranno chiamati a scegliere il leader del centro sinistra. «Forse saranno raccolte le loro indicazioni a parte - sottolinea Giacomo Conti, Rifondazione comunista -. Un po’ come gli studenti». A sinistra, un po’ diversi li considerano. «Un’obiezione fondata, quella sul fatto che intanto non hanno diritto di voto alle politiche», preferisce chiamarla Margini. Che non digerisce neppure benissimo la domanda sulla possibilità che le primarie si facciano anche per scegliere il prossimo sindaco di Genova o il presidente della Provincia. A buttarla sul gastronomico ci pensa lui stesso: «Beh, qui stiamo preparando il pranzo, alla cena penseremo poi». Ma sull’obiezione che proprio a sinistra qualcuno (un nome a caso, Marta Vincenzi) ha già prenotato il tavolo anche per la sera, il segretario Ds non paga il conto: «Quando si innesca un meccanismo partecipativo come le primarie si fa una scelta precisa - rintuzza facendo pensare a una consultazione di base anche per le amministrative -. Ma oggi scegliamo il presidente del consiglio, poi vedremo».
Lo scelgono senza i Verdi, che non sono a tavola. «È vero, oggi non ci sono - ammette Margini, che li attacca -. Se si sta nell’Unione, si possono avere idee diverse, ma non essere presenti solo alle cose su cui si è d’accordo». Cosa che non fa ad esempio l’Udeur, che però per bocca del suo segretario regionale Vittorio Traverso fa sapere che sull’apertura di tanti collegi per le primarie sparpagliati sul territorio non è d’accordo. E punta sul candidato Clemente Mastella.

L’ultimo aspetto da superare è quello dei costi da sostenere per chiamare alle urne almeno 50.000 liguri di centrosinistra: «Chiederemo un euro simbolico, come segno di partecipazione, a chi verrà a votare, per coprire in parte le spese», è l’idea di Giacomo Conti.

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