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Vero artista o «imbrattatore»? Tocca al giudice decidere

MilanoFosse accaduto un anno fa, sarebbe stato un affare da giudici di pace. Le cose, però, sono cambiate. L’imbrattamento è un reato da codice penale. Articolo 639. La competenza giurisdizionale passa al tribunale monocratico. Così Daniele Nicolosi, in arte «Bros», finisce in un’aula del Palazzo di Giustizia. E quello che con ogni probabilità è uno dei writer più famosi d’Italia taglia per primo la linea dura introdotta nel luglio del 2009, quando la legge venne modificata inasprendo le pene per i responsabili di «deturpamento e imbrattamento di cose altrui», e portandole fino a un massimo di un anno di reclusione e di 10mila euro di multa. Quasi una sceneggiatura. Il primo processo penale contro un graffitaro è anche quello contro il graffitaro più noto.
Il writer che a Milano ha esposto al Padiglione d’arte contemporanea e a Palazzo Reale. Quello che - per dare una misura della sua fama - può dire di avere estimatori persino nel Governo. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, infatti, espone un lavoro di Bros nel salotto del suo appartamento romano. Roma, però, non è Milano. E, soprattutto, nella capitale non c’è il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato, che contro i performer di strada ha imbastito da anni una vera e propria crociata, e contro Bros in particolare. Perché più i vigili lo denunciano, più lui acquisisce in notorietà. Una rincorsa finita in tribunale, dove ieri - al termine dell’udienza - il writer ha anticipato quello su cui il giudice dovrà inevitabilmente pronunciarsi. Esiste la street art, o è solo spazzatura? «Il paradosso - dice il 28enne milanese - è che potrebbe essere il tribunale a riconoscere la nostra arte in caso di assoluzione, malgrado l’accanimento impressionante del Comune. In altre città, come Amsterdam ad esempio, la street art viene valorizzata e si danno spazi agli artisti per lavorare». Nel capoluogo lombardo, invece, la battaglia va avanti a colpi di segnalazioni. Palazzo Marino si è costituito parte civile nel processo, chiedendo che all’amministrazione venga riconosciuto un risarcimento in ragione delle spese (65mila euro) sostenute per ripulire la città dai graffiti del writer. De Corato elenca 17 episodi di imbrattamento, e attacca la Procura che ha voluto esercitare l’azione penale solo su una parte di queste contestazioni. «È un messaggio diseducativo», sbotta. «L’imputato è un soggetto plurirecidivo - continua il vicesindaco -, e potrebbe concorrere a un abbassamento della guardia contro questo fenomeno».
Prossima udienza, 19 maggio. Il primo processo contro un writer dirà se i murales possono essere considerati anche una forma d’arte o sono tutti (e senza distinzione) spazzatura. Palazzo Marino non ha dubbi. E non è un caso che, in quattro anni, abbia speso 35 milioni di euro «per costi di ripulitura e campagne antigraffiti».

Altri tempi, quando l’assessore alla Cultura di Palazzo Marino era Vittorio Sgarbi. Tempi di scintille col vicesindaco. «De Corato è in contraddizione con il suo destino - disse il critico -: vantarsi della cattura di Bros è come fregiarsi dell’arresto di Giotto».

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