«È vero, mi mancano i gol E contano più dei soldi»

nostro inviato ad Appiano G.

«Ehi, giornalista, ma tu scrivi in arabo?». Maurito, Matias, Kid, insomma Zarate è un tipo attento. Parla e guarda sul taccuino. Vede tanti sgorbi. Si preoccupa. Gli occhi sono puntini scuri, curiosi, sinceri. Sai, i giornalisti... Tutto il mondo è paese. Parli, eppoi quello chissà cosa scrive. Apprezzabile. C’era un altro all’Inter che non si perdeva ogni riga scritta che lo riguardava ed ha fatto discreta carriera: si chiamava Walter Zenga.
No, quello che Zarate cercava di leggere non era arabo, solo scrittura di fretta. Tranquillizzato, Maurito-Matias ha ripreso a parlare. Lui, l’Inter e...
«Dove eravamo rimasti? Ah, sì. Il mio sogno da calciatore? In Italia vincere lo scudetto. In assoluto conquistare il Pallone d’oro. Magari grazie all’Inter».
Pausa...
«Ah, già. E vincere la Champions League».
Secco, sicuro, senza dubbi. Zarate è immediato come nel modo di scartare l’avversario. Anche nelle risposte che possono fargli male.
Ad esempio, domanda: 65 gol in 8 anni di carriera, uno solo nell’Inter. Non sono un po’ pochi...
«Vero. Sono al di sotto delle mie attese. Non conto la decina di reti in Qatar. Avevo cominciato bene in Argentina, vincendo il titolo di capocannoniere (16 reti, ndr). Buono il primo anno alla Lazio (13 gol, ndr), meno il secondo, un po’ meglio il terzo. Ora aspetto. Devo farcela in campionato».
Si è domandato la ragione delle difficoltà?
«Lo penso dopo ogni partita. Mi riguardo, vedo le azioni. Prima ero più deciso, giocavo meglio in area. Adesso vado bene quando sono fuori. Devo esser più tranquillo, magari una giocata, una finta in più».
Conta più il gol o giocare?
«Match pari. Per un attaccante è importantissimo il gol. Se non lo faccio mi sento un pesce fuor d’acqua, nella squadra io sono uno che deve segnare».
Contano più i gol o i soldi?
«Più i gol, sennò andavo in Russia».
Più il gol o l’assist?
«Più difficile il gol. Nell’assist devi essere lucido, veder bene il gioco. Per la rete servono cattiveria e decisione».
Il rapporto con l’Italia?
«Come Paese molto bello, sto benissimo. Poi capisco: adesso ci sono difficoltà. Ma chi non ne ha? Dal punto di vista calcistico, si cerca di difendere la porta più che far gol. Altri campionati, Spagna, Inghilterra, Germania, ci sono superiori».
Non le sembra un campionato strano: Inter in coda, Udinese in testa, Lazio più continua...
«Sull’Inter sono ottimista. Arriviamo nei primi tre. Siamo un pochetino (testuale, ndr) indietro, ma ce la faremo. Udinese e Lazio se la sono giocata alla pari anche l’anno scorso. Alla fine vedrà, davanti ci saranno le solite: Milan, Inter, Juve, Lazio, Udinese, Napoli».
Da avversario avrà avuto una certa idea dell’Inter da triplete. E ora cosa manca?
«Quella Inter mi colpiva perchè vinceva dappertutto. In Champions era un carro armato. Noi della Lazio giocavamo in certi campi e faticavamo, loro andavano e segnavano quattro gol. Forse serve un po’ di cattiveria in più. Eppoi ti deve girare meglio».
Magari è appagamento? Tanti successi...
«Macchè, la voglia c’è. Allora Messi cosa dovrebbe fare? Lasciare il calcio?».
A proposito, lei argentino per chi vota: Messi o Maradona?
«Maradona l’ho visto solo in filmati. Ero piccolo. Messi lo conosco come le mie tasche. Quando prende la palla so già cosa fa, come tira. Però il mio idolo è Ronaldo, quello che stava qui. Peccato sia un po’ ingrassato. Lo ricordo al Barcellona, all’Inter. Pensi che al Real, dopo tutti i guai avuti, ha vinto il Pallone d’oro e segnato 30 gol. Un fenomeno».
Altro quiz: Aguero o Tevez?
«Aguero. Ho giocato con lui, e so quanto è bravo: va a 100 all’ora, in mezzo metro ti stende con una finta. La nostra nazionale deve giocare con Aguero, Messi e...naturalmente Zanetti». Che, non a caso, stava passando poco lontano.
Ranieri dice che Zarate non è un esterno...
«Io sono un attaccante, cerco il gol. Esterni sono quelli come Nani o De Maria. Semmai tendo a star nelle zone interne dell’attacco e vado a cercar spazio sull’esterno. Ma è diverso. Il modo migliore di giocare? Lanciarmi in profondità».
Più difficile giocare con Milito o Pazzini?
«Facile con entrambi. Con loro vai tranquillo: se non segni tu, l’altro ce la farà».
Non è che Zarate stia un po’ troppo tranquillo?
«Ehhh! Il gol mi manca tantissimo, ma so che arriverà».
Il gol più bello segnato finora?
«Quello alla Roma nel derby del 4-2. Importante per me e la gente. Magari avrò segnato reti più belle, ma quello contava. Soprattutto dopo il primo derby giocato bene e perso male».
É un vantaggio essere in un clan argentino?
«Clan, che parola è?».
Clan, come gruppo un po’ esclusivo in questa Inter...
«Non è negativo che ci sia un gruppo argentino. Io sto bene anche con gli italiani. Però è molto più divertente parlare la tua lingua, svegliarsi alla mattina, prendere un caffè come se fossi a casa».
Ranieri è un buon allenatore per una punta?
«Sì, certo. Ti lascia libertà di muoverti, per servire alla squadra».
Il miglior tecnico avuto qui?
«Delio Rossi. Il primo. In campo mi diceva: fai quello che vuoi.

Mi dava la maglia e urlava: vinci la partita. É stato bravo pure con Pastore» .
Tirando le somme, il rapporto con l’Italia: attivo o passivo?
«Guardi, ancora non ho dato niente rispetto a quello che vorrei. Dice la regola: se vuoi qualcosa, prima devi dare».

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