I casi sono due: o da mezzo secolo abbondante i salingerologi di tutto il mondo si sono raccontati (e ci hanno raccontato) una leggenda campata per aria, oppure lui, Jerome David Salinger, era davvero come loro lo dipingono e ha voluto crearsi una falsa seconda vita tramite un epistolario privato con un vecchio amico, contando sul fatto che prima o poi sarebbe stato reso pubblico.
Ma no... in fondo basta aver letto il Giovane Holden per sapere che la mistificazione, il doppio gioco e la presa per i fondelli non erano nelle corde dell’autore morto un anno fa. Ciò che aveva da dire, lo diceva papale papale, nudo e crudo. Quindi, di fronte alle rivelazioni... normalmente clamorose contenute nelle lettere indirizzate a un amico inglese, resta in piedi soltanto la prima ipotesi: lo scrittore più scorbutico del mondo e forse dell’intera storia della letteratura era invece un tipo socievole, amante dei viaggi, del tennis, della buona musica e persino dei fast-food. Sì, magari i giornalisti non erano i benvenuti, nel suo buen retiro di Cornish (New Hampshire), e alcuni fra quelli più invadenti vennero anche trattati a pesci in faccia, però il resto dell’umanità non aveva nulla da temere dal presunto eremita.
Carta canta. E la canzone cantata dalla corrispondenza fra Salinger a Donald Hartog è normalmente melodica, senza escandescenze da urlatore. Ma chi era questo Hartog, scomparso nel 2007? Londinese e coetaneo dello scrittore, lo conobbe a Vienna nel ’37. Entrambi erano lì per imparare il tedesco. Terminata la vacanza di studio e tornati a casa, i ragazzi cominciarono una corrispondenza che s’infittì dopo la fine della guerra, quando JD (che si forma «Jerry») iniziava la carriera di scrittore e Donald («Don») lavorava nell’import-export alimentare, e poi languì per un bel pezzo. «Mio padre sapeva che Salinger non amava che le sue lettere fossero conservate e così per molti anni le bruciò, facendolo sapere al suo mittente», racconta ora la figlia di Hartog, dopo che la sua famiglia ha donato i preziosi documenti all’Università della East Anglia.
Ma poi, nell’80 uscì una biografia non autorizzata di JD, e la cosa fu utile ai due vecchi amici per riallacciare il rapporto epistolare, proseguito fino al 2002. Questa volta, probabilmente consapevole di rendere un buon servizio alla memoria dell’altro, il previdente Donald conservò gelosamente il tutto: una cinquantina di fonti dirette, anzi direttissime. Dalle quali ricaviamo quanto segue, a proposito di Salinger. Amava prendere l’autobus per muoversi in lungo e in largo negli Usa: mete preferite le cascate del Niagara e il Grand Canyon. Mangiava hamburger al fast-food. Stava per ore incollato alla tv quando c’era un match di John McEnroe (lui sì uno scorbutico di prima categoria...) o Tim Henman. Andava in brodo di giuggiole ascoltando i «Tre Tenori» Placido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti. Si dedicava al giardinaggio. Frequentava volentieri teatri e gallerie d’arte.
È proprio vero che il diavolo non è così brutto come lo si dipinge. Comunque meglio leggerlo, visto che da Norwich assicurano: le lettere saranno presto disponibili.
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