Versailles? Come la tavolozza di un grande pittore

Luigi XIV comincia la costruzione di Versailles, il suo capolavoro, nel 1661 poco dopo la morte di Mazzarino e la presa di potere.
«Versailles è la grande meraviglia della Francia regale» ha detto Ernest Renan, nel 1871, nella sua Réforme intellectuelle et morale. Certo fu un’opera personalissima del Re Sole. Nulla vi fu fatto senza che il sovrano lo progettasse, lo studiasse, lo discutesse e lo approvasse. Luigi trovò modo di esprimervi la sua personalità e il suo gusto in tutta la loro grandezza. Fu la sua tavolozza di pittore universale.
Ma dovette subito risolvere un problema. Il piccolo maniero di suo padre era troppo angusto e limitato per una corte tanto affollata. Quindi decise di dilatarne tutte le dimensioni.
La storia di questa residenza, che risale al Medioevo, è interessantissima. Luigi XIII la acquistò nel 1627 da un suo vassallo, Jean de Choisy. Comprò per 20.000 scudi la sola terra, con l’intenzione di costruirvi un modesto castello, o forse solo un casino di caccia, da usare per la sua grande passione, appunto la caccia. Vivendoci si innamorò del luogo e prese a soggiornarvi per lunghi mesi, preferendolo alla reggia e alla capitale. Il figlio ereditò da lui quella predilezione fortissima.
Le vicende di questo luogo sono affascinanti. Versailles è legata a tutti i grandi momenti della storia di Francia, ha le sue leggende e le sue Annales.
Se la sua origine fu incerta e confusa e gli inizi faticosi, lo sviluppo fu poi rapido e sorprendente.
Dice suggestivamente lo storico Fortoul, citato, nel 1884, da Théodose Burette, nei tre volumi del suo Musée de Versailles: «Versailles ha visto passare tutto sulle sue lastre di marmo: i re, i poeti, i ministri, i cortigiani, i confessori, le amanti ufficiali e no, le regine senza potere e quelle che ne avevano troppo, gli ambasciatori, i generali vincitori o vinti, i piccoli abati e le gran dame, la spada e la toga, la bassezza, il genio che è raro, la virtù che è più rara ancora in alti luoghi, lo spirito che non vi manca, la stupidità che vi abbonda, il vizio che vi si espande senza pudore! Tutta questa folla ha passeggiato per secoli sotto quelle volte dorate e ogni giorno il suo torrente si faceva più impetuoso, più mescolato, più rumoroso. Ogni giorno essa dava più libero sfogo alle sue passioni, alle sue fantasie. Ogni giorno era più ardente e più ebbra e parlava più alto».
La storia di Versailles coincide con quella della civiltà, del fasto, della sensibilità, della cultura e dello splendore del Grand Siècle, ma anche dei due che lo seguono. È la fotografia di una società inimitabile. Questo castello fatato («isola incantata» la disse Molière) è uno dei classici luoghi nei quali culmina un’epoca e dai quali si intuiscono i mutamenti dei costumi, delle guerre, della diplomazia, della letteratura, e si captano le trasformazioni che hanno scosso l’Europa.


Il castello-reggia, quintessenza e simbolo dell’assolutismo, che documenta con la sua genesi l’evoluzione di Luigi XIV da giovane sovrano ancora dipendente dai suoi ministri a Re Sole simile a un dio, è situato 17 chilometri a sud-ovest di Parigi e alimenta lunghe vicende in bilico tra storia e leggenda.

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